La Cina, a detta di tutti, sarà, presto o tardi, il primo consumatore di vino del mondo. Ma intanto, cerca di crescere anche come Paese produttore, e non solo nel segmento “entry level” (con la produzione domestica che già oggi vale quasi il 90% dei consumi interni), ma anche in quello di alta gamma, anche grazie agli investimenti di grandi gruppi stranieri, soprattutto francesi, e puntando sulla ricerca e sulla scoperta dei territori più vocati che un Paese come la Cina, grande quanto gli Stati Uniti e quasi il doppio dellʼUnione Europea, può offrire.
Tra questi, il più celebre è Ao Yun, “la nuvola fiera”, progetto enoico che vede la regia del colosso del lusso Lvmh, e vino che nasce da vigneti estremi, situati a Adong, Xidang, Sinong e Shuori, alle pendici della montagna sacra Meili, ad altitudini comprese tra i 2.200 e i 2.600 metri, nella regione patrimonio dell’Unesco dei Tre Fiumi Paralleli (Yangtze, Mekong e Salwen).
Un progetto unico nel suo genere, che ha debuttato con lʼannata 2013 nel mercato Usa con il prezzo di 300 dollari a bottiglia, e che punta a crescere ancora e farsi conoscere nel mondo, anche in patrie nobili del vino, come lʼItalia, dove lʼannata 2014 sarà presentata il 5 febbraio al ristorante Nobu di Milano, dal direttore della tenuta Maxence Dulou (che ha lavorato, tra gli altri, con Michel Rolland, ed in realtà del calibro di Chateux Cheval Blanc).
Un vino che nasce in quella che è già stata definita la Shangri-La del Cabernet Sauvignon, vitigno dominante dellʼAo Yun (al 10% Cabernet Franc).
E che nasce da 314 sezioni di vigne dislocate su una superficie di appena 27,7 ettari, dove il team di Ao Yun lavora fianco a fianco con 120 famiglie tibetane che da secoli popolano il tetto del mondo, imparando ogni giorno i segreti che hanno permesso loro di terrazzare queste alture. Il 100% delle operazioni sui vigneti è svolto a mano, secondo i principi della produzione biologica.
Una storia enoica che racconta unʼaltra Cina, dalla tradizione agricola secolare e dalla natura incontaminata, diversa da quella delle grandi metropoli iperproduttive ed inquinate che i media più spesso raccontano.
Ed un progetto vinicolo basato su una sfida e sulla passione, ma anche su aspetti tecnici evidenti. Perchè, spiega Ao Yun, nonostante lʼaltitudine estrema, “il clima è simile a quello della regione di Bordeaux, ma con le peculiarità tipiche dell’alta montagna. Le vette proteggono l’area dai monsoni da Est e Ovest dello Yangtze, con piogge non troppo abbondanti in estate. La bassa latitudine è compensata dall’altitudine elevata: non è necessario far produrre bacche alle viti come nelle aree settentrionali della Cina. I vigneti, all’interno di una vallata con elevata pendenza, non godono di grande assolazione, ma beneficiano della maggiore intensità dei raggi UV. Il periodo di maturazione è più lungo rispetto a Bordeaux (140 giorni contro 120 giorni) ma è potenziato dal finale di stagione secco e soleggiato”.
Una storia che ha già fatto parlare di sé, in attesa della prova del calice, già vinta, secondo Dulou:
“Ao Yun 2014 è la seconda annata di questa avventura unica e spicca per una complessità ancora superiore a quella dellʼannata 2013, ottenuta grazie alle migliori condizioni climatiche della stagione e a unʼottimizzazione della gestione del vigneto”.
Ma quello del gruppo Lvmh, non è lʼunico progetto che punta a scoprire e valorizzare i territori vinicoli cinesi. Anzi, se questo si candida a diventare una chicca dellʼenologia mondiale, di portata più ampia è quello che, secondo “The Drink Business”, vede in campo niente meno che il gigante del vino di Cina, GreatWall Winery, realtà controllata direttamente dallo Stato, che insieme a organizzazioni chiave del commercio come China Alcoholic Drinks Association, China National Food Industry, China National Association for Liquor and Spirits Circulation, e China Food Association, avrebbe lanciato un progetto per valorizzare i vini prodotti in Cina dove si “esprimono condizioni topografiche uniche, terroir e patrimonio culturale”, con il Paese che si candida a diventare la “terza forza” del vino mondiale, tra Vecchio e Nuovo Mondo produttivo.
Un progetto a cui guardare con attenzione, viste le forze in campo: la sola GreatWall Winery (che vede tra i proprio consulenti anche Michel Rolland) nel 2018 ha messo insieme un volume di vendita superiore ai 295 milioni di dollari, ma punta a triplicarlo nel giro di qualche anno, investendo nelle sue 9 cantine disseminate nelle regioni vinicole, ad oggi, più importanti del Paese, come Ningxia Winery, Chateau Tianfu nella regione di Ningxia, Chateau Tianlu nello Xinjiang, Zhuolu Winery, Chateau Sungod, Shacheng Winery, Huaxia Winery, Chateau Huaxia nella provincia di Hebei, e Penglai Winery nella provincia di Shandong.
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