Il mondo del vino non è certo solo calici e degustazioni: dietro c’è un sistema fatto di persone e, cosa che di questi tempi non è più scontata, di solidarietà, di confini superati e barriere abbattute. E tutto questo, è ciò che sta alla base di “Vini Migranti”, il festival del vino ai confini del mondo in scena in Toscana (Montelupo Fiorentino, Firenze, il 19 e 20 gennaio).
La rassegna n. 1 si prepara ad ospitare oltre 50 vignaioli provenienti da ogni angolo del globo, ognuno con la sua storia: dal vino bianco prodotto da vignaioli palestinesi e israeliani a Betlemme, a quello prodotto da un viticoltore scappato in Libano dalla Siria, che coltiva Cabernet in un terreno espropriato agli Hezbollah, dal vino “sciamanico” che nasce da un vigneto di 120 anni al confine tra Messico e Usa, a produttori dalla Champagne, dal Cava e dall’Ungheria, oltre a una rosa di produttori italiani, da Nord a Sud dello Stivale, tutti riuniti per una due giorni all’insegna del buon vino, della scoperta delle differenze che uniscono, e alle storie di vite che il vino ha salvato.
“Vini Migranti” nasce da un gruppo di ristoratori, enotecari, bevitori ed enodissidenti e dalla loro voglia di riunire una serie di produttori di vino provenienti un po’ da tutto il mondo. L’obiettivo è quello di allargare la visione enoica in tutto il parallelo mondiale in un contesto toscano già noto per la sua cultura enoica: in questo senso, rappresenta l’occasione per dare spazio a piccole ed uniche realtà vitivinicole che si fanno portavoce di un messaggio originale, ribelle e culturale che nel momento storico decisamente complicato in cui siamo, può solo fare bene a tutti.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024