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COVID E MERCATO

Il vino italiano tra gdo, e-commerce, export ed horeca: lo stato dell’arte nel dopo lockdown

Il quadro di sintesi raccontato da dati, studi e dalle testimonianze di oltre 80 cantine, raccolte da WineNews, in questi giorni difficili
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Il vino italiano tra gdo, e-commerce, export ed horeca

Gdo, soprattutto, ma anche e-commerce, in crescita, l’export che ha tenuto, soprattutto nei Paesti extra Ue, ristoranti e bar in sofferenza assoluta, e con essi tante piccole cantine e produttori, anche in queste prime battute di dopo lockdown. Riparte da qui il mercato del vino italiano, con andamenti assai diversi tra canali e mercati, su cui vale la pena disegnare un quadro generale, che emerge dalle indagini di WineNews che, in questi giorni, hanno raccolto le testimonianze di oltre 100 tra cantine, imprenditori, ricercatori e operatori di mercato. Con i consumi del fuori casa fermi per più di due mesi, l’argine più importante per il vino, ma appannaggio soprattutto di pochi player più strutturati, e comunque insufficiente a compensare le perdite di ristorazione e bar, è stata la grande distribuzione, che ha accompagnato anche la voglia degli italiani di non rinunciare a portare a tavola i buoni prodotti della terra e dell’agricoltura, per i quali forse è cresciuto anche il rispetto, vino incluso. Se nei primi 3 mesi e mezzo dell’anno, le vendite di vino nella Gdo (iper, super, libero servizio, piccolo, discount) hanno registrato, nel complesso, una crescita del +7,9% a volume e del + 6,9% a valore, secondo il report di Vinitaly e Iri, gli ultimi dati, aggiornati al 17 maggio 2020, parlano di una crescita in valore, dal 23 febbraio (data del primo Dpcm del Governo con le prime misure di contenimento della pandemia, ndr), del 5% per i vini Dop, e del 7,3% per i vini Igt. Altro canale che è stato importantissimo per il food, e in parte anche per il vino, è stato quello dell’e-ecommerce, con diversi operatori che hanno registrato anche un raddoppio degli ordini e del business. Ma al di là del valore reale, che nel complesso del mercato del vino resta ancora basso, nell’ordine di qualche punto percentuale, l’aspetto più interessante in questo senso, come segnalano i player più importanti come Tannico, o anche un recente studio degli Economisti del Vino d’Europa, è che molti consumatori si sono rivolti per la prima volta a questo canale. Che continuerà a crescere, dunque, anche se a ritmi più lenti, ovviamente, anche in Italia, e anche in aree del mondo dove è già molto più sviluppato per il vino, come la Cina, per esempio, o gli Stati Uniti. Con il direct-to-consumer che, in Italia e nel mondo, come ci ha raccontato anche una firma della del vinocritica come James Suckling, ma anche studi come quelli del Liv-Ex o di Wine Intelligence, per esempio, sarà sempre più importante, e cambierà in qualche modo le strategia sia di vendita che di comunicazione delle cantine. A tenere, tutto sommato, è stato anche l’export enoico, pur messo in difficoltà dal lockdown di tanti Paesi, con il conseguente blocco della ristorazione. Anzi, nell’area Extra Ue, nei primi 4 mesi c’è stata addirittura una crescita, per il made in Italy agroalimentare in generale, e per il vino in particolare, che nei Paesi terzi ha visto crescere le esportazioni del 3,3%, per un valore di 1,03 miliardi di euro, secondo i dati doganali analizzati da Confagricoltura. Anche se è un dato che va letto soprattutto alla luce dell’aumento imponente di gennaio 2020, con gli Usa, mercato fondamentale, che hanno fatto corsa alle scorte per la paura dei dazi, poi per fortuna non arrivati, mentre febbraio, marzo e aprile sono stati mesi in calo, ma non di crollo, con la perdite nell’ordine del -3-4%, che in un quadro simile sono da salutare quasi come un successo.
Più critica, ovviamente, la situazione dell’horeca, dei ristoranti, dei bar e del turismo, i settori più colpiti, che sono anche in più importanti soprattutto per le piccole cantine e per tutti quei produttori che puntano soprattutto sull’alta qualità. Qui, al di là del piccolissimo indotto del delivery, che ha coinvolto anche l’alta ristorazione, ma con numeri nel complesso esigui, chiaramente sono stati mesi di stop totale. E anche se da tanti grandi ristoratori in questi giorni arrivano messaggi di fiducia e di voglia di ripartire, è chiaro che, come sottolineano altrettanti, sarà un anno in perdita, e ci vorrà tempo per provare a recuperare quanto perso. Secondo Fipe il 30% dei locali non ha riaperto, tra le incertezze delle regole per farlo, i costi e la mancanza totale del turismo che rappresenta molto del giro d’affari. E chi lo ha fatto, dal 18 maggio, fino ad oggi ha registrato incassi inferiori dell’80% rispetto alla norma. Per il vino, secondo le prime stime, la perdita secca per le cantine, per ora, si attesta in un -25% nei primi 4 mesi 2020, sullo stesso periodo 2019, ma in diversi prevedono un anno in perdita media tra il -40% ed il -50% alla fine dell’anno.
Un quadro difficile e complesso, come ovvio. Ma è da qui che il vino italiano cerca di ripartire e guardare al futuro.

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