Ci arrampichiamo su per un piccolo borgo antico apparentemente disabitato (in realtà con 80 anime), dalle case secolari, e ci sentiamo improvvisamente catapultati in altro periodo storico. Le strade sono strette, non è facile arrivare al centro del paesello di Paterno, nella casa di famiglia dei Cioti d’inizio ‘700. “E’ rimasta l’unica cantina – ci spiega Filiberto Cioti – ma un tempo qui tutto era legato al vino, lungo le vie del paese scorreva il mosto; infatti, insieme a Mosciano, producevamo più vino di tutta la provincia di Teramo”. Con Vincenzo, venticinquenne fresco di laurea in enologia, sono alla quarta generazione. Iniziano ad imbottigliare a partire dal 2000. Dietro l’essenziale cantina, lo splendore delle vigne, a un’altitudine di 400 metri, su un terreno argilloso e sabbioso per circa 4 ettari e mezzo di proprietà (gli altri 2,5 sono in affitto nel giro di 1 km) e gli imponenti Monti Gemelli, avamposto del Parco Gran Sasso Monti della Laga, sullo sfondo. Alcune vigne sono a piede franco, la media d’età è sui 40 anni. Dagli anni ‘80 i Cioti hanno iniziato un processo di recupero di antichi cloni locali e si sono certificati biologici 12 anni fa. La passione genuina e autentica che caratterizza padre e figlio si trasferisce anche nel vino. Pathernus ’12, riserva di Montepulciano d’Abruzzo, colpisce per l’eleganza, la gentilezza dei tannini pur sfoderando una vivida tempra caratteriale.
(Alessandra Piubello)
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