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CRISI COVID

“Natale da asporto”, con ristoranti e bar chiusi per tutte le feste di fine anno. Così il Governo

Le misure annunciate da Conte (con ristori immediati per 625 milioni di euro) paralizzano la ristorazione nel periodo che vale il 20% dei fatturati
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“Natale da asporto”, con ristoranti e bar chiusi per tutte le feste di fine anno. Così il Governo

Ristoranti e bar chiusi, se non per l’asporto, per tutte le feste di fine anno, dal 24 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021, come, purtroppo, era nell’aria. È questo, per la ristorazione italiana, già in enorme difficoltà, il succo del prossimo Dpcm del Governo per contenere i contagi da Covid-19, che i numeri dicono in rialzo. E che, nella pratica, quasi paralizza l’attività (con ulteriori ripercussioni pesanti per la filiera agricola, alimentare e vinicola) in periodo dell’anno che, per la ristorazione vale il 20% del giro d’affari (che, a fine anno, accuserà un calo complessivo intorno al -40% sugli 86 miliardi di euro del 2019). Perchè tra la Vigilia di Natale e l’Epifania, l’Italia oscillerà tra una zona arancione nei giorni feriali, ed una zona rossa in quelli festivi e prefestivi, che per la ristorazione è la stessa cosa: tutti chiusi, sia a pranzo che a cena, consentito solo l’asporto. E, per di più, in uno scenario fatto di limiti agli spostamenti tra Comuni (deroghe nel raggio di 30 chilometri per quelli sotto in 5.000 abitanti, ma non verso il capoluogo di Regione e di Provincia, ndr), e alla riunioni domestiche (visite consentite per due non conviventi alla volta, escludendo dal conteggio gli under 14). Queste, in estrema sintesi, le misure annunciate dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte nella tarda serata di ieri (qui il Decreto pubblicato oggi, ndr).
“Siamo al fianco degli operatori che saranno coinvolti da queste misure. Abbiamo sospeso contributi e tributi per coloro che hanno perdite. Chi subisce dei danni economici deve essere subito ristorato. Questo decreto dispone subito un ristoro di 645 milioni per i ristoranti e bar”, ha detto Conte.

Misure che erano nell’aria, e che la Fipe/Confcommercio aveva già criticato duramente nel primo pomeriggio di ieri, a Consiglio dei Ministri ancora in corso. “Per mascherare il suo fallimento nel contenimento del Covid-19, il Governo ancora una volta decide di scaricare l’onere della riduzione del contagio sui pubblici esercizi, sottoposti da ottobre ad uno stillicidio di provvedimenti. Che si tratti di zone rosse o arancioni per noi significa una cosa soltanto: bar e ristoranti resteranno chiusi dal 23 dicembre al 6 gennaio. Un periodo che da solo vale il 20% del fatturato di un intero anno”, ha detto la Fipe/Confcommercio.
“In sostanza il Governo, con questa decisione, se confermata (come poi è stato), si assume la responsabilità di decretare la morte di un settore fondamentale per i valori economici e sociali che esprime. I Pubblici Esercizi non sono solo numeri; sono i volti e le mani dei gesti quotidiani, una componente simbolica e materiale della vita quotidiana degli italiani, dei loro ricordi e della via trascorsa insieme. E vorrebbero continuare a lavorare: lavorare non per mettere a rischio il Paese, ma per mettere in sicurezza un patrimonio imprenditoriale e sociale che contribuisce al futuro di tutti. Senza adeguati e immediati ristori per tante, troppe aziende del settore sarà impresa impossibile reggere ai nuovi ingenti danni che le limitazioni determineranno. Rimangono nondimeno due sensazioni poco gradevoli. La prima, più generale, è quella di un Paese stanco, stanco di reagire, persino di capire che - spossato da incertezze e instabilità - sta perdendo il senso e la rotta. La seconda, che riguarda i Pubblici Esercizi, che è la perdurante impressione di uno spiacevole pregiudizio che lo accompagna, con la fastidiosa distinzione tra attività economiche essenziali e non essenziali che finisce per oscurare la realtà”.

Focus - Palazzo Chigi, il comunicato ufficiale ...

Ferme restando le disposizioni già introdotte dal decreto-legge 2 dicembre 2020, n. 158, in materia di spostamenti all’interno o per il territorio nazionale nel periodo compreso tra il 21 dicembre 2020 e il 6 gennaio 2021, il testo prevede che:

- nei giorni festivi e prefestivi, compresi tra il 24 dicembre 2020 e il 6 gennaio 2021, sull’intero territorio nazionale, si applicano le misure previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2020 per le cosiddette “zone rosse”, cioè le aree caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto;

- nei giorni 28, 29, 30 dicembre 2020 e 4 gennaio 2021, sull’intero territorio nazionale, si applicano le misure previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2020 per le cosiddette “zone arancioni”, cioè le aree caratterizzate da uno scenario di elevata gravità e da un livello di rischio alto. Negli stessi giorni, sono tuttavia consentiti gli spostamenti dai Comuni con popolazione massima di 5.000 abitanti verso località distanti non più di 30 chilometri, con esclusione in ogni caso degli spostamenti verso i capoluoghi di provincia;

- oltre agli spostamenti già consentiti, nel periodo compreso tra il 24 dicembre 2020 e il 6 gennaio 2021, tra le ore 5.00 e le ore 22.00, è consentito, una sola volta al giorno, spostarsi, in un massimo di due persone, verso una sola abitazione privata della propria regione.
Alla persona o alle due persone che si spostano potranno accompagnarsi i figli minori di 14 anni (o altri minori di 14 anni sui quali le stesse persone esercitino la potestà genitoriale) e le persone disabili o non autosufficienti che con queste persone convivono.
Il decreto, infine, prevede lo stanziamento di 645 milioni di euro da destinare al ristoro immediato delle attività di somministrazione di alimenti e bevande che vedranno un calo del fatturato a causa delle misure disposte a tutela della salute. Tali attività riceveranno un contributo pari a quello già ottenuto in seguito all’approvazione del cosiddetto “decreto rilancio” (decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34).

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