Il cambio della guardia alla Casa Bianca, con Joe Biden che ha messo fine al caotico quadriennio della presidenza di Donald Trump, non ha portato allo sperato cambio di passo nei rapporti tra Usa ed Unione Europea. Sospesi i dazi che, per oltre un anno, avevano limitato non poco le spedizioni dei vini di Francia, Spagna e Germania al di là dell’Atlantico, su un altro Oceano, il Pacifico, si è consumata la nuova - traumatica - rottura tra Washington e Parigi. Questa volta, al centro c’è il “patto Aukus”, ossia l’accordo tra Stati Uniti, Australia e Regno Unito per la produzione di dieci sottomarini da schierare tra l’Oceano Pacifico e l’Oceano Indiano, tenendo all’oscuro la Francia, che con il Governo di Canberra aveva trovato l’accordo, per la stessa commessa, già nel 2016, coinvolgendo nel progetto anche la statunitense Lockheed Martin.
Per i francesi è una perdita enorme (la commessa valeva 50 miliardi di dollari) e un voltafaccia difficilissimo da digerire, ma che difficilmente avrà conseguenze sui rapporti commerciali tra i due Paesi. Specie quando si parla di vino, e a maggior ragione dopo un primo semestre del 2021 che ha riportato gli Usa sulle cresta dell’onda, con una crescita delle importazioni del +18% a valore sullo stesso periodo dello scorso anno, a 3,26 miliardi di dollari, come rivelano i dati dell’Oemv - Organizaciòn Interprofesional del Vino de España. Di cui poco più di un terzo generati proprio dal vino francese, che con un balzo del +47,5% nel periodo ha recuperato la propria leadership, con un giro di affari complessivo di 1,16 miliardi di dollari, giusto davanti all’Italia, che segue a poca distanza: 1 miliardo di dollari nel primo semestre, forte di una crescita del +18,6%.
Ritmi che potrebbero regalare al vino di Francia e Italia il record storico delle esportazioni verso gli Stati Uniti, ancora la meta principale del mercato enoico mondiale, e una delle economie più in salute, che, secondo la Fed, chiuderà il 2021 con una crescita del +5,9%, per poi rallentare al 3,8% nel 2022 e al 2,5% nel 2023. Le prospettive sono decisamente positive, ma nei rapporti tra Usa e Ue serve un cambio di passo che garantisca un ruolo centrale nei prossimi anni alla Vecchia Europa, e che rinsaldi un asse riscopertosi fragile, ma che ha tenuto per un secolo le redini dell’economia e gli equilibri del mondo.
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