La “Vigna del Gallo-Diego Planeta”, così intitolata per omaggiare il “padre” della viticoltura siciliana, dell’Orto Botanico dell’Università degli Studi di Palermo, uno dei luoghi più belli e visitati del capoluogo siciliano, “custode” di 95 biotipi di viti autoctone, tra cui Grillo e Nero d’Avola, ed il progetto dell’Etna Urban Winery, alle porte di Catania, in un contesto totalmente urbano, che punta a reintrodurre la viticoltura e la produzione di vino in una delle più antiche zone di produzione dell’Etna come avviene da secoli. Anche le bellissime vigne urbane di Sicilia entrano a far parte dell’Urban Vineyard Association, l’Associazione internazionale che tutela il patrimonio rurale, storico e paesaggistico riunendo i vigneti presenti nelle città di tutto il mondo, da Torino a New York, da Parigi a Siena, da Milano a Lione, da Avignone a Venezia.
La “Vigna del Gallo-Diego Planeta” dell’Orto Botanico di Palermo è il risultato di un progetto del Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia e del Sistema museale dell’Università, realizzato in collaborazione con il Dipartimento Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali (Saaf). Il vigneto si sviluppa in un’area di 200 mq ed ospita oltre 90 viti autoctone siciliane. “Il fenomeno delle vigne urbane - sottolinea Antonio Rallo, presidente del Consorzio Doc Sicilia - è perfettamente in linea con la vocazione della Doc Sicilia di salvaguardia del grande patrimonio viticolo dell’isola: senza memoria storica dei vitigni autoctoni non ci sarebbe viticoltura in Sicilia”.
Recentemente anche un’altra realtà siciliana è entrata a far parte dell’Associazione: si tratta dell’Etna Urban Winery a Catania legata alla storia dell’azienda che risale al 1790 con l’avvio di una delle più grandi produzioni di vino della zona. Ma solo nel 2018 otto cugini (discendenti dal fondatore) decidono di riportare in vita l’azienda vitivinicola di famiglia, dismessa negli anni Sessanta del Novecento dopo oltre 200 anni di attività. Reimpiantando le viti nei terreni di proprietà abbandonati, i proprietari si trovano a lavorare in un contesto ormai urbano, dato che Catania si è così ingrandita negli ultimi decenni da arrivare fino alle pendici del vulcano. Tuttavia ciò che poteva costituire un ostacolo viene trasformato in risorsa: proprio il paesaggio urbano rende unico il vino dell’Etna Urban Winery, prodotto nel settembre 2021 per la prima volta. “A distanza di più di 50 anni dall’ultima vendemmia - spiega Nicola Purrello, co-fondatore e direttore del progetto - la nostra generazione ha deciso di recuperare la contrada, tutelare il ricco patrimonio storico antropologico, difendere l’ultimo bosco di querce a bassa quota, condividendo la nostra storia attraverso un’esperienza enoturistica”. L’ambizione è di recuperare tutti i quasi 8 ettari della proprietà all’uso vitivinicolo nei prossimi 10 anni.
“L’Associazione delle Vigne Urbane è nata con l’obiettivo di tutelare il patrimonio culturale, storico ed enoico di piccoli gioielli urbani presenti all’interno di numerose città italiane e internazionali - spiega Luca Balbiano, presidente e fondatore dell’Urban Vineyards Association e gestore della “Vigna della Regina” di Torino - la presenza di due realtà così prestigiose e affascinanti come la “Vigna del Gallo” e l’“Etna Urban Winery” ci inorgoglisce molto: sono i simboli di un territorio, quello siciliano, dalla grande tradizione vitivinicola. Si tratta di vigneti e varietà storiche recuperate grazie all’impegno e alla visione di realtà illuminate. Siamo sicuri che, anche grazie al supporto della rete che abbiamo creato, esempi così virtuosi e affascinanti continueranno a crescere e a farsi conoscere”. Accanto a “tesori” come la “Vigna della Regina” di Torino, “Clos Montmartre” a Parigi, “San Francesco alla Vigna” a Venezia e i progetti “Laguna nel bicchiere-Le vigne ritrovate di Venezia” e “Senarum Vinea” di Siena, la “Vigna di Leonardo” a Milano, “Clos de Canuts” a Lione, “Clos du Palais des Papes” di Avignone e il progetto del “Rooftop Reds” a New York.
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