Anche dopo 6 mesi nello spazio l’olio extra vergine di oliva mantiene le proprie caratteristiche nutrizionali e salutistiche, senza effetti negativi dovuti alla gravità e ai raggi cosmici: può, dunque, entrare a pieno titolo nella dieta degli astronauti. Ecco i risultati della sperimentazione sui campioni di olio d’oliva rientrati sulla Terra dopo aver trascorso un lungo periodo sulla Stazione Spaziale Internazionale (Iss), insieme all’astronauta Samantha Cristoforetti. Intanto, negli ultimi trent’anni, le esportazioni di olio d’oliva italiano nel mondo sono quasi triplicate (+170%), spinte dagli effetti positivi sulla salute associati al consumo di olio di oliva, ma questo primato è minacciato dalla siccità e dai cambiamenti climatici: nel 2022 l’Italia ha perso il 37% della propria produzione, con un impatto pesante sulla disponibilità di prodotto e sui bilanci delle aziende del nostro Paese, colpite dagli aumenti record dei costi legati alla guerra in Ucraina.
Il progetto dell’olio “stellare”, inserito nel quadro dell’accordo tra l’Agenzia Spaziale Italiana e il Crea, in collaborazione con Coldiretti e Unaprol - presentato in questi giorni a Cosenza - ha studiato, attraverso un esperimento originale e inedito, gli effetti della permanenza nello spazio sulle caratteristiche chimico-fisiche, sensoriali e nutrizionali dell’extravergine d’oliva, nonché le sue eventuali ricadute applicative sul nostro pianeta. Il campione è stato analizzato proprio in Calabria, nel Centro di ricerca olivicoltura, frutticoltura ed agrumicoltura del Crea, a Rende, per il progetto “Evoo in Space: Extra-Virgin Olive Oil in Space (Evoos)”, dove è stato messo a confronto con campioni dello stesso olio conservati nelle medesime confezioni ma rimasti a Terra.
Una sperimentazione unica al mondo che ha svelato come la composizione dei metaboliti secondari - fenoli e tocoferoli (vitamina E) - dell’extravergine italiano non venga influenzata dalla microgravità e dalle radiazioni presenti nello spazio nell’arco di 6 mesi, ma offre anche informazioni sulla stabilità dell’olio extravergine di oliva e sulla durata di conservazione nelle condizioni ambientali spaziali. Dai dati preliminari ottenuti, è emerso infatti come lo speciale confezionamento in sacchetto protettivo, testato e correntemente permesso nelle missioni a bordo dell’Iss, impermeabile all’ossigeno e mantenuto sottovuoto, abbia consentito la conservazione dell’olio extra vergine di oliva almeno per i primi 6 mesi all’interno dell’Iss, assicurando un prodotto made in Italy di qualità, ancora ricco di biofenoli e tocoferoli.
Grazie al coordinamento dell’Asi, i campioni selezionati da Coldiretti e Unaprol erano arrivati sull’Iss a luglio 2022, insieme a quattro oli extravergini che Samantha Cristoforetti, astronauta italiana dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) e prima donna europea a diventare comandante dell’Iss, aveva scelto quale parte del suo bonus food, ovvero cibo selezionato che ogni astronauta può scegliere di portare con sé, ad integrazione della dieta standard prevista. Questi oli sono accomunati da un alto contenuto in antiossidanti naturali e, in particolare, di biofenoli dell’olivo, indispensabili per chi, come gli astronauti, è sottoposto a condizioni di intenso stress psico-fisico. Si tratta di prodotti italiani di altissima qualità, provenienti da diverse regioni, e ottenuti, ciascuno, da una singola varietà, in rappresentanza dell’immenso patrimonio di biodiversità che rende unico il nostro Paese.
Proprio grazie alle sue proprietà salutistiche, confermate da numerosi studi scientifici, l’olio extravergine di oliva made in Italy si è fatto strada nel mondo, facendo impennare le richieste di quel segmento di popolazione attento alla qualità della propria alimentazione: nel giro degli ultimi trent’anni le esportazioni sono quasi triplicate (+170%), raggiungendo nel 2022 la quantità di quasi 360 milioni di chili, grazie anche al traino della popolarità della Dieta Mediterranea, che si è classificata nel 2022 come la miglior dieta al mondo sulla base del Dest Diets Ranking, elaborato dal media statunitense U.S. News & World’s Report’s, famoso a livello globale per la redazione di classifiche e consigli per i consumatori.
Il primo mercato di riferimento dell’olio d’oliva made in Italy sono gli Stati Uniti, dove, nel 2022, sono stati esportati quasi 110 milioni di chili, il doppio rispetto a trent’anni fa. Al secondo posto, c’è la Germania, per un totale di 45 milioni di chili, addirittura quintuplicati (+403%) rispetto al 1992, mentre al terzo ci sono i cugini francesi, che nel 2022 ne hanno messo in tavola 34 milioni di chili (+208%). Seguono Giappone e Canada, rispettivamente con quasi 20 milioni (+895%) e 19 milioni di chili (+178%), che precedono la Gran Bretagna con 16 milioni di chili (+226%). Negli anni è, dunque, evidente come l’extravergine tricolore sia arrivato ad imporsi anche in Paesi tradizionali consumatori di burro. Un successo alimentato da un patrimonio di biodiversità unico al mondo, con 533 varietà di olive coltivate dalle Alpi alla Sicilia, per un totale di 250 milioni di piante dalle quali nasce il maggior numero di oli extravergine a denominazione in Europa con 42 Dop e 7 Igp, oltre a decine di produzioni a km zero legate ai territori, con una ricchezza di profumi e sapori che non ha eguali al mondo.
Ma questo eccezionale risultato è messo a dura prova dai cambiamenti climatici e dalla siccità: l’Italia ha perso ben il 37% della produzione di olio d’oliva. Complessivamente la campagna 2022-2023 ha visto, secondo Coldiretti, una produzione di 208 milioni di chili di olio d’oliva, contro i 329 milioni dell’annata precedente. A pesare sono stati soprattutto gli effetti dei cambiamenti climatici, con la mancanza di pioggia e il freddo primaverile che hanno danneggiato la fioritura e l’allegagione (la trasformazione del fiore in frutto), con fenomeni di cascola. Una situazione proseguita anche nei mesi successivi, in cui la carenza idrica e le alte temperature estive hanno stressato le piante, mentre in molti territori non si riusciva neppure a ricorrere alle irrigazioni di soccorso a causa della mancanza di invasi e dell’esaurimento dei pozzi. Senza dimenticare il fenomeno della xylella, che purtroppo continua ad avanzare e che ha già ucciso più di 21 milioni di piante di ulivo.
Alle difficoltà dell’oliveto Italia si sono sommate peraltro quelle degli altri Paesi produttori, a partire dalla Spagna dove le prime stime parlano di un calo dal 30 al 50% rispetto a 1,4 miliardi di chili del 2022, per continuare con la Tunisia, dove si prevede una flessione intorno al -25%, secondo Ismea. Solo la Grecia potrebbe superare i livelli produttivi dello scorso anno, portandosi sopra i 300 milioni di chili.Un trend che potrebbe pesare anche sui consumi. Nel 2022 la spesa degli italiani per l’olio extravergine d’oliva è comunque aumentata del 7,5% sul 2021, secondo un’analisi Coldiretti su dati Ismea Ac Nielsen. Non a caso l’Italia è fra i primi tre maggiori consumatori di olio extravergine di oliva al mondo con 480 milioni di chili, subito dopo la Spagna e prima degli Stati Uniti e rappresenta il 15% dei consumi mondiali, secondo elaborazioni Coldiretti sugli ultimi dati Ioc (International Oil Council).
Gli italiani usano in media 8 chili a testa di olio extravergine di oliva e ogni famiglia spende in media 117 euro all’anno per acquistare l’alimento più popolare sulle tavole nazionali, addirittura più di pane e pasta, utilizzato da oltre il 97% degli italiani nell’ultimo anno, secondo un’analisi Coldiretti sui dati Istat sugli stili alimentari, con una crescente attenzione verso il prodotto di qualità, che ha favorito la nascita di corsi e iniziative come la Fondazione Evo School in Coldiretti, che forma gli esperti dell’olio. Per quel che riguarda i consumi interni, resta forte la propensione all’acquisto all’interno delle grandi catene commerciali, ma cresce la tendenza all’acquisto diretto dalle aziende agricole e dai frantoi.
Con l’82% degli italiani che cerca prodotti made in Italy per sostenere l’economia ed il lavoro del territorio, il consiglio della Coldiretti è quello di diffidare dei prezzi troppo bassi, guardare con più attenzione le etichette e acquistare extravergini a denominazione di origine Dop e Igp, quelli in cui è esplicitamente indicato che sono stati ottenuti al 100% da olive italiane, o di acquistare direttamente dai produttori olivicoli, nei frantoi o nei mercati di Campagna Amica, dove è possibile assaggiare l’olio prima di comprarlo e riconoscerne le caratteristiche positive.
“Occorre intervenire per salvare un patrimonio unico del Paese, con 250 milioni di piante che tutelano l’ambiente e la biodiversità, ma anche un sistema economico che vale oltre 3 miliardi di euro grazie al lavoro di un sistema di 400.000 imprese tra aziende agricole, frantoi e industrie di trasformazione che producono un alimento importante per la salute che non deve mancare dalle tavole degli italiani - afferma il presidente Coldiretti, Ettore Prandini, nel sottolineare che - l’obiettivo di rilanciare una produzione nazionale dell’olio d’oliva messa a rischio anche dal Nutriscore, sistema di etichettatura fuorviante, discriminatorio ed incompleto che finisce paradossalmente per escludere dalla dieta alimenti sani e naturali come l’olio d’oliva, che è uno dei pilastri della Dieta Mediterranea, conosciuta in tutto il mondo grazie agli effetti positivi sulla longevità e ai benefici per la salute”.
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