Il vino biologico è un fenomeno, almeno sul fronte produttivo, tutto europeo: in questo scenario, con 126.000 ettari di vite con metodo biologico nel 2021, l’Italia detiene il primato per incidenza di superficie vitata biologica (21% del totale). La concorrenza europea è però agguerrita, tanto che nel giro di un decennio le superfici bio in Italia sono cresciute del +141% (2020 vs 2010), contro il +148% degli spagnoli e ben il +218% della Francia. Rilevante anche il ruolo del vino bio italiano sui mercati internazionali: ammonta a 626 milioni di euro il valore dell’export di vino biologico italiano nel 2022 secondo le stime Nomisma (+18% sul 2021) e un peso sul totale dell’export vitivinicolo italiano pari all’8%.
Per quanto riguarda i mercati presidiati - dall’ultima indagine condotta da Nomisma per Ice Agenzia e FederBio su 110 imprese vitivinicole italiane - è emerso come la Germania sia in assoluto il mercato di destinazione principale per il nostro vino bio (67% delle aziende lo indica come primo mercato di riferimento), seguita dai Paesi Scandinavi (61%). Al di fuori dei confini comunitari la fanno da padrone Svizzera, Stati Uniti e Regno Unito, seguiti da Canada e Giappone. Se si va poi a vedere l’interesse da parte dei consumatori per i vini a marchio biologico, si nota come la domanda potenziale sia davvero enorme e coinvolga tutti i principali mercati mondiali. A testimoniarlo sono i risultati di due indagini che Nomisma ha condotto negli ultimi tre mesi sui consumatori scandinavi e giapponesi, con lo scopo di mappare i comportamenti di consumo di vino e le potenzialità del bio e del binomio bio/made in Italy su ciascun mercato.
Focus - Il ruolo del vino bio made in Italy in Scandinavia
Sulla base dei dati del Systembolaget, il monopolio svedese che gestisce le vendite di bevande alcoliche, ben 1/4 delle vendite di vino è costituito proprio da quelli a marchio bio, per un valore di 600 milioni di euro nel 2021 e un tasso di crescita medio annuo del +15% dal 2014 al 2021. In tale scenario, l’Italia è leader assoluto con un peso sul totale delle vendite di vino bio del 42% sia a valore che a volume. Un successo da ricondurre in primis all’ottimo posizionamento di alcuni territori: Veneto (grazie al Prosecco in particolare, che rappresenta la denominazione a marchio bio più venduta in Svezia), Sicilia e Puglia, regioni che nel complesso intercettano ben il 24% delle vendite di vino a marchio biologico in Svezia.
Il vino italiano gode di un’ottima reputazione sul mercato scandinavo e l’Italia figura al primo posto tra i paesi che producono i vini di maggiore qualità secondo il consumatore. Il forte apprezzamento nei confronti del vino Made in Italy trova riscontro anche con riferimento al biologico: dall’indagine condotta da Nomisma tra gennaio e febbraio 2023 su un campione rappresentativo di consumatori in Svezia e Danimarca (18-65 anni), è emerso come ben il 38% dei wine user scandinavi beva vino a marchio bio di origine italiana e più del 20% lo fa con cadenza settimanale. La propensione al consumo di vino bio made in Italy cresce tra le famiglie benestanti (tra chi ha redditi medio-alti la quota di user di vino bio italiano cresce fino al 55%) e tra quelle in cui vi sono componenti con età compresa tra i 30 e i 44 anni.
Alla luce di queste rilevazioni, le opportunità per le aziende vitivinicole italiane sul mercato scandinavo sono ampie: a conferma di ciò, il 46% dei consumatori sarebbe difatti interessato a provare un nuovo vino italiano a marchio bio mentre il 35% sarebbe disposto a spendere un differenziale di prezzo superiore al 5% rispetto a un vino italiano non bio. Gli indecisi (34%) sarebbero attratti, oltre che da promozioni e prezzi bassi, anche da brand famosi, da informazioni sul basso impatto ambientale e dalla presenza di confezioni eco-sostenibili.
Focus - Il ruolo del vino bio made in Italy in Giappone
Il Giappone è il secondo mercato in Asia per consumo di vino (3,4 milioni di ettolitri nel 2022) e rappresenta un mercato indubbiamente interessante per i produttori italiani visto che è il quinto importatore mondiale di vino - dopo Stati Uniti, UK, Germania e Canada - con un valore degli acquisti dall’estero pari a 1,7 miliardi di euro.
Tra i vini stranieri i consumatori giapponesi mettono al primo posto quelli francesi, lasciando all’Italia la seconda posizione quando devono indicare i Paesi che producono vini di maggiore qualità. Dalla survey condotta da Nomisma tra febbraio e Marzo 2023 sui consumatori giapponesi (18-65 anni), emerge comunque un forte potenziale per il nostro vino bio: se è vero che ad oggi quasi un consumatore di vino su due (il 45% del totale, per la precisione) ha acquistato o ordinato un vino italiano almeno in un’occasione nell’ultimo anno, la quota di chi ha avuto modo di sperimentare il binomio biologico/made in Italy per il vino è stata solo del 10%.
Grossi spazi di crescita, dunque, per il vino bio italiano, che dal 1° ottobre 2022 può contare sulla certificazione biologica “Jas”, già conosciuta dal 41% dei consumatori giapponesi di vino. Complessivamente il settore del vino biologico in Giappone, pur essendo ancora di nicchia, presenta ampi margini di crescita e potenziali opportunità.
Più di un terzo dei consumatori giapponesi sarebbe disposto ad acquistare un nuovo vino bio made in Italy se lo trovasse nei punti vendita in cui effettua abitualmente la spesa alimentare mentre gli indecisi (41% del totale) sarebbero attratti oltre che da prezzi più accessibili, anche da una maggiore comunicazione sui canali tradizionali come radio/tv. Infatti, tra i principali fattori che oggi frenano l’acquisto di vino bio made in Italy vi sono la scarsa informazione sulle caratteristiche distintive dei prodotti biologici italiani ma anche la carenza di referenze sugli scaffali della grande distribuzione.
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