Penne, fusilli, spaghetti, tagliatelle, tortellini, lasagne, bucatini, farfalle, rigatoni, tonnarelli, ravioli e decine e decine ancora di formati diversi: la pasta è il regno della fantasia, simbolo della cucina italiana e delle grandi tavolate in famiglia, con la forza di un alimento che, nonostante tutti i problemi dell’economia, è alla portata di tutti, capace di garantire, con pochi euro, gusto, qualità e nutrimento. E con una produzione di pasta pari a 4 miliardi di euro nel 2022 e 2,4 miliardi di euro nei primi 7 mesi 2023 (in aumento del 6% sull’anno precedente), l’Italia detiene il primato globale, posizionandosi anche come primo esportatore. Ma per uno dei prodotti più tradizionali ed identitari del Made in Italy, è in atto una piccola rivoluzione che parte dai consumatori, sempre più consapevoli, informati ed esigenti, pronti a dettare legge nel mercato della pasta, con regole che riguardano cotture più veloci, formati variegati e packaging sostenibili. Ma anche nel “logorio della vita moderna”, che lascia sempre meno tempo allo stare in famiglia, la tradizione resiste, e in una famiglia su tre, anche tra i più giovani, si prepara ancora, almeno qualche volta all’anno, la pasta fatta in casa. Dati, trend e messaggi firmati da Confagricoltura, Unione Italiana Food (Uif) e Coldiretti, tra gli altri, nel “World Pasta Day” n. 25, che si celebra oggi, 25 ottobre, in tutto il mondo.
Secondo Confagricoltura, per produrre “questo alimento, rappresentativo del made in Italy nel mondo, è fondamentale partire dal frumento duro, noto per l’alto contenuto di glutine che conferisce alle farine una consistenza ideale per la produzione anche di pane e di una vasta gamma di prodotti da forno. L’Italia è prima in Europa per la coltivazione di questo cereale con 1,3 milioni di ettari dedicati e una produzione pari a 3,8 milioni di tonnellate nell’anno in corso. Il nostro Paese detiene il primato da oltre dieci anni e per mantenerlo è necessario rafforzare i rapporti tra i singoli attori della filiera fino al consumatore finale. Recentemente, infatti, sono intervenute diverse minacce esterne alla sostenibilità della produzione”.
Per garantire rifornimenti all’industria, l’Italia importa frumento principalmente da Canada, Unione Europea, Kazakistan, Russia e Stati Uniti. Le importazioni italiane, per la quasi totalità originarie da questi Paesi fornitori, sono aumentate di quasi il 70% nei primi 7 mesi 2023. Negli ultimi dodici mesi, le imprese agricole sono state colpite da una drastica diminuzione del prezzo medio all’origine del grano duro (-30%), passando da 480 euro per tonnellata a 336 euro per tonnellata. Dal momento che i costi di produzione non hanno seguito la stessa tendenza al ribasso iniziale, la competitività delle imprese italiane ne ha fortemente risentito. Secondo le più recenti rilevazioni Ismea sui prezzi dei mezzi di produzione, infatti, da agosto 2022 a giugno 2023, i costi del frumento si sono ridotti solamente del 3%.
“Nel corso degli anni, il tasso di autoapprovvigionamento del frumento duro è stato costantemente superiore al 70%. Questo dato riflette la nostra resilienza nell’assicurare una produzione sostenibile e una solida capacità di far fronte alle sfide occasionali, legate al cambiamento climatico e ad equilibri geopolitici precari - ha dichiarato Massimiliano Giansanti, presidente Confagricoltura - dobbiamo tuttavia evitare di perdere potenziale produttivo rafforzando la competitività delle imprese e i legami nella filiera. Quest’anno in particolare, con il conflitto russo-ucraino ancora in corso e una situazione di forte instabilità in Medio Oriente, la Giornata Mondiale della Pasta ci invita a riflettere sull’importanza dei cereali, e del grano duro in particolare, per la sicurezza alimentare globale, fonte essenziale di nutrimento per milioni di persone nel mondo e risorsa imprescindibile per un’alimentazione sana e sostenibile, elemento caratteristico della Dieta Mediterranea. Non solo, mai come ora l’interdipendenza dei mercati è tangibile e bisogna restare al passo”.
Inoltre, le restrizioni legate all’entrata in vigore della riforma della Politica Agricola Comune nel 2023 rappresentano un ulteriore ostacolo per le produzioni. Anche se nel breve termine molte imprese italiane potrebbero essere in grado di confermare i propri investimenti per un anno, obblighi come il regime di avvicendamento biennale potrebbero limitare la capacità di spesa. A questo proposito, Giansanti ha commentato: “Confagricoltura ha contestato sin dall’inizio la rotazione obbligatoria prevista nell’ambito della nuova Pac. Ora siamo al lavoro per ottenere una nuova deroga, dopo quella concessa lo scorso anno in vista di una definitiva modifica dei regolamenti di base, a beneficio dei nostri produttori che non possono perdere competitività su un prodotto cruciale per la sicurezza alimentare, locale e globale, oltre che orgoglio italiano nel mondo”.
Intanto, però, cambiano in consumi, ed è una trasformazione guidata dai consumatori, sempre più attendi ed informati, ma anche alla ricerca dio un prodotto che rispetti l’ambiente e che possa rispondere alle esigenze di chi ha meno tempo per stare ai fornelli. Una rivoluzione avvenuta nell’ultimo decennio, mentre in futuro tutto, o molto, dipenderà dal formato dove si potrà scegliere dalla cottura di 18 minuti a quella di 1 minuto, a seconda dell’occasione di consumo. Uno scenario tracciato da Unione Italiana Food, che hanno indagato sul futuro di questo prodotto. Grazie anche al loro saper fare, la pasta è stata protagonista di una grande trasformazione, ha saputo rinnovarsi e adattarsi a stili di vita differenti con nuove tipologie (dall’integrale alle paste speciali o arricchite a quelle senza glutine) e formati, pur rimanendo uguale a sé stessa. Anche se gli italiani sono aperti al cambiamento. Il 59% prevede l’introduzione di nuove tipologie di pasta con farine o ingredienti alternativi, mentre il 52,6% auspica confezioni più ecologiche e biodegradabili. Inoltre, il 35,4% si aspetta l’arrivo di nuovi formati di pasta.
Sorprendentemente, il 79,5% degli italiani è disposto a consumare pasta in momenti meno tradizionali come colazione o merenda, con la condizione che mantenga elevati standard di qualità e sapore (48,1%). Un significativo 26% degli intervistati sostiene questa scelta in virtù della sua diffusione all’estero, mentre il 19% ritiene che crescerà se promossa dagli chef. Nel complesso, le aspettative riflettono un crescente interesse per la sostenibilità, l’innovazione e il benessere fisico. Tuttavia il 41,2% desidera mantenere legami con la tradizione nella produzione della pasta. Inoltre, la pasta dovrà rimanere accessibile ed economica per il 34,7% degli intervistati. La curiosità verso nuovi metodi di cottura è evidente, con il 28% che prevede innovazioni in questo settore. E vi è anche una volontà di adattare la pasta alle esigenze dei single, sottolineata dal 25% dei partecipanti all’indagine. Ma la tradizione non si dimentica, e fare fontane di farina dentro le quali sbattere le uova o semplicemente da impastare con l’acqua per preparare tagliatelle, pappardelle, ravioli, cannellone, lasagne e così via, resta un rito di quasi una famiglia su tre, visto che il 30%, secondo un sondaggio Coldiretti e Ixè, “prepara pasta semplice o ripiena fatta in casa durante l’anno con un ritorno in cucina spinto dalla ricerca di qualità della vita ma anche dal caro prezzi. Si registra un ritorno al passato rispetto alle prime fasi dell’industrializzazione e urbanizzazione del Paese - sottolinea la Coldiretti - quando la conquista della modernità passava anche dall’acquisto della pasta piuttosto che dalla sua realizzazione in casa. A livello territoriale, i più appassionati sono gli abitanti del Nord est, con il 38% che dichiara di preparare la pasta in casa, rispetto al 35% del Sud, al 28% del Centro e al 24% del Nord ovest. Nelle isole, al contrario, solo il 20% si mette alla prova con farina, uova e acqua”.
A livello di consumi, si cercano con attenzione le farine, magari utilizzando quelle degli antichi grani storici italiani, e quando non è possibile fare da soli si cerca sullo scaffale le confezioni di pasta che garantiscono l’origine nazionale al 100% del grano impiegato, impensabile fino a pochi anni ma ormai patrimonio di quasi tutti i principali brand.
“Il risultato è che oggi 4 pacchi di pasta su 10 (40%) venduti in Italia utilizzano esclusivamente grano duro coltivato sul territorio nazionale. Per non cadere negli inganni e acquistare la vera pasta Made in Italy 100% - precisa la Coldiretti - basta scegliere le confezioni che riportano le indicazioni “Paese di coltivazione del grano: Italia” e “Paese di molitura: Italia”.
“Ci sono oggi le condizioni per rispondere alle domanda di italianità dei consumatori ed investire sull’agricoltura nazionale riducendo la dipendenza dall’estero e lavorando nell’ambito del Pnrr per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e compensi che non scendano mai sotto i costi di produzione” ha concluso il presidente Coldiretti, Ettore Prandini.
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