Le famiglie hanno speso il 5,8% in più per mangiare il 3,9% in meno, mentre gli agricoltori sono sottopagati per i prezzi che moltiplicano dal campo alla tavola. A dirlo è un’analisi Coldiretti sui dati Istat 2023 sul commercio al dettaglio. Le anomalie lungo la filiera sono evidenti in Italia, come dal grano al pane, con il prezzo che aumenta fino a 20 volte tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l’acqua per ottenere un chilo di prodotto finito, con una forbice che non è mai stata così ampia. E quel chilo di grano che viene pagato oggi agli agricoltori attorno ai 24 centesimi serve per fare un chilo di pane che viene venduto ai consumatori a prezzi che variano dai 3 ai 5 euro a seconda delle città. E le distorsioni sono evidenti anche nei prodotti freschi come l’ortofrutta in cui il prezzo aumenta da 3 a 5 volte dai campi agli scaffali, nonostante non debbano subire trasformazioni dal campo alla tavola, mentre il latte alla stalla pagato 0,50 centesimi viene venduto a quasi 2 euro sugli scaffali dei supermercati. Per combattere le distorsioni è stato approvato il decreto legislativo in attuazione della Direttiva Ue sulle pratiche commerciali sleali, fortemente sostenuto dalla Coldiretti con i trattori a Bruxelles, che prevede lo stop a 16 pratiche sleali che vanno dal rispetto dei termini di pagamento (non oltre 30 giorni per i prodotti deperibili) al divieto di modifiche unilaterali dei contratti e di aste on line al doppio ribasso, dalle limitazioni delle vendite sottocosto alla fine dei pagamenti non connessi alle vendite, fino ai contratti rigorosamente scritti.
Una norma che prevede soprattutto che i prezzi riconosciuti agli agricoltori ed agli allevatori non siano inferiori ai costi di produzione e che la Coldiretti è stata la prima ed unica a voler applicare aprendo una vertenza con la denuncia della multinazionale francese Lactalis (che ha acquisito i marchi italiani Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani, Cadermartori e Nuova Castelli) per aver modificato unilateralmente il contratto con gli allevatori fornitori di latte, diminuendo i prezzi riconosciuti e introducendo anche un nuovo indice collegato tra l’altro alle quotazioni del latte europeo non concordato e fortemente penalizzante per i produttori italiani, già colpiti dal caro costi.
Un’azione che ha avuto adesso un primo positivo riscontro con l’Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e della Repressione delle Frodi dei Prodotti Agroalimentari (Icqrf) che ha evidenziato delle violazioni della norma sulle pratiche sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agroalimentare relativamente ai contratti sul latte stipulati con gli allevatori italiani dalla multinazionale francese Lactalis i cui rappresentanti saranno presto ascoltati al Ministero dell’Agricoltura. “Si tratta solo della prima vittoria di una battaglia che sarà lunga e difficile a tutela del reddito delle nostre imprese” ha affermato il presidente Coldiretti Ettore Prandini nel precisare che “abbiamo iniziato con il latte, ma siamo pronti a mobilitarci su tutte le filiere per impedire altre pratiche sleali contro gli agricoltori come nell’ortofrutta dove il tema del rispetto prezzo minimo è particolarmente grave”. Molte aziende agricole hanno infatti timore di ritorsioni nel denunciare eventuali illeciti imposti da grandi gruppi industriali e catene distributive e per questo la discesa in campo della rappresentanza degli agricoltori e allevatori quale è la Coldiretti garantisce l’anonimato sulla denuncia della singola impresa e quindi offre un maggiore potere contrattuale.
“Dopo il ritiro della proposta dei fitofarmaci annunciato ieri dall’Unione Europea, chiediamo ora un radicale cambiamento su un’altra proposta normativa su cui abbiamo espresso fin dall’inizio molte riserve, ovvero il nuovo regolamento sugli imballaggi che la Commissione ha presentato nel novembre 2022 e che proprio in questi giorni è approdato all’esame finale del trilogo tra le tre istituzioni europee, Consiglio, Parlamento e Commissione”: è, intanto, l’appello lanciato, ieri, dal presidente Confcooperative Fedagripesca Carlo Piccinini, da “Fruitlogistica” a Berlino, il più importante evento del settore ortofrutticolo, inaugurato dal Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. “Pur condividendo in linea generale l’obiettivo di una riduzione dell’uso della plastica per gli imballaggi - spiega Piccinini - le norme proposte sono a nostro avviso sproporzionate rispetto al problema individuato. Ci opponiamo infatti fermamente al drastico divieto che colpirebbe il comparto ortofrutticolo di utilizzo di imballaggi per confezioni inferiori a 1,5 kg. È una proposta arbitraria, discriminatoria e sproporzionata che non potrà che avere come risultato un maggiore spreco alimentare, dal momento che il prodotto sfuso presenta tempi più rapidi di deperibilità e in taluni casi anche rischi per la sicurezza alimentare. Il divieto potrebbe anche comportare per le esportazioni verso Paesi Terzi un’anti-economicità per le imprese, chiamate a produrre linee di packaging diverse da quelle utilizzate nei mercati principali”. Il Parlamento Ue aveva chiesto, in plenaria, il rigetto di questa disposizione, come sollecitato dall’intera filiera italiana ed europea. “Purtroppo - spiega Piccinini - nel testo che è uscito dal Consiglio dei Ministri il divieto è stato invece mantenuto, con il voto contrario dell’Italia”. Gli imballaggi per i prodotti freschi rappresentano soltanto una percentuale pari all’1,5% del totale degli imballaggi alimentari utilizzati oggi nell’Unione Europea (fonte: Freshfel). Val la pena evidenziare anche che “in tutta Europa le cooperative ed Op si stanno impegnando da tempo a favore di imballaggi più sostenibili e chiedono un’applicazione armonizzata della regolamentazione sugli imballaggi ortofrutticoli in tutta l’Unione, senza consentire “fughe in avanti” da parte di singoli Stati Membri attraverso normative nazionali, aspetto questo essenziale per salvaguardare l’export delle imprese ortofrutticole italiane”. Secondo Piccinini non va trascurato il fatto che gli imballaggi abbiano “anche e soprattutto l’obiettivo di proteggere i prodotti freschi evitando manipolazioni e che ad oggi non ci siano in molti casi reali soluzioni alternative all’uso della plastica, basti pensare ai prodotti della quarta gamma. E non va dimenticata l’importante funzionalità che il packaging riveste nell’ottica di trasferire una serie di importanti informazioni ai consumatori, assicurando anche trasparenza in termini di indicazione di origine”.
Ma, nonostante questo, crescono ancora i valori del contributo ambientale richiesti dal Consorzio Nazionale Imballaggi (Conai) alle imprese dal prossimo 1 aprile. Confagricoltura è preoccupata, in particolare, per il rincaro sulla carta, che aveva già subito un notevole incremento lo scorso ottobre, giustificato dall’attuale congiuntura economica. Un aumento improvviso e importante, per alcune tipologie di imballaggio, che porterà il valore del contributo base dai 5 euro/t di settembre 2023, ai 35 di ottobre scorso, fino ad arrivare, a partire dal prossimo aprile, ai 65 euro/t. Pur condividendo l’importanza del contributo ambientale per la copertura dei costi di gestione e raccolta, l’organizzazione sostiene che non è questo certamente il momento di aumentare ulteriormente i costi di produzione per le imprese agricole. I contributi, negli anni, hanno sempre avuto andamenti oscillatori e i rincari o gli adeguamenti sono stati sempre graduali e progressivi. Pur comprendendo l’esigenza di intervenire per far fronte al mutato contesto geopolitico ed economico, Confagricoltura è convinta che si sarebbe potuta fissare una rimodulazione più equilibrata, conservando l’approccio usato finora e comunque in linea con l’andamento dell’inflazione.
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