Il 70,5% degli italiani ritiene la pesca un settore fondamentale per l’economia nazionale, ma al contempo il comparto convive con alcune preoccupazioni: per il 25,8% degli intervistati una di queste è legata alla redditività, ma c’è anche un 39,2% intimorito dalle condizioni di lavoro. Ma nonostante le percezioni negative riguardo a un lavoro ritenuto duro, faticoso e poco remunerativo, tuttavia, una quota significativa della popolazione (30,9%) riconosce l’importanza della pesca come attività legata alla tradizione e al rispetto per la natura. Sono alcuni dei dati del Rapporto dell’Unione Generale del Lavoro Ugl Agroalimentare settore Pesca, realizzato dall’Istituto demoscopico Lab21.01 e presentato, ieri, in Senato a Roma. Lo studio analizza le percezioni degli italiani riguardo al settore della pesca e dell’acquacoltura, con particolare attenzione alle sfide del ricambio generazionale e alla necessità di una maggiore formazione per attirare le nuove generazioni.
“Per la prima volta a un G7 Agricoltura si è parlato di pesca - ha rilevato Luca De Carlo, presidente della Commissione Industria, Commercio, Turismo, Agricoltura e Produzione agroalimentare di Palazzo Madama- questo è positivo perché negli ultimi anni la politica europea ha penalizzato questo settore. Dobbiamo far capire che agricoltura e pesca oggi non sono lavori di serie b, occorre incentivare la rottamazione per avere barche che attraggano i giovani e favorire un rinnovamento delle flotte. Si tratta di un settore sul quale bisogna continuare a investire”.
La sfida principale è, dunque, quella del ricambio generazionale: il rapporto spiega che per il 55,6% degli intervistati questa transizione rappresenta un’opportunità di sviluppo e sopravvivenza, mentre solo il 9,1% la percepisce come una minaccia per la tradizione. Secondo il 25,8% degli italiani l’arrivo delle nuove generazioni nel mondo della pesca potrebbe portare innovazione tecnologica, mentre per il 35,3% l’ingresso dei più giovani garantirebbe maggiore attenzione all’ambiente: entrambi i fattori sono considerati fondamentali per rendere il settore più sostenibile e competitivo. Però, dal canto loro, le nuove leve ammettono tra gli elementi di scoraggiamento una “scarsa valorizzazione sociale del mestiere” (19,8%) e la “mancanza di prospettive di crescita professionale” (15,2%). In generale vengono menzionati anche altri ostacoli che incidono negativamente sull’attrattività del comparto: la concorrenza internazionale (22,6%), l’eccessiva regolamentazione e burocrazia (21,4%) e la bassa redditività del settore (18,9%). Per altri intervistati sono fondamentali istruzione e comunicazione: il 39,3% degli addetti ai lavori ritiene essenziale offrire percorsi di formazione moderni e specializzati per attrarre i giovani, con il 53,4% degli italiani che ritiene invece che le informazioni sui prodotti ittici siano ancora insufficienti.
“Il nostro obiettivo è portare all’attenzione delle istituzioni la necessità di politiche mirate che possano garantire maggiore sicurezza, stabilità e formazione per i lavoratori di questo comparto - ha detto il segretario generale Ugl, Paolo Capone - auspichiamo che i risultati di questa ricerca possano contribuire a delineare un percorso di crescita sostenibile per il settore, in grado di favorire l’occupazione e di migliorare la qualità della vita di chi lavora quotidianamente a contatto con il mare”.
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