Per le cantine italiane, giocare alla pari sul campo dei cosiddetti vini dealcolati con i competitori europei e non solo, non è ancora possibile. Perché manca ancora il via libera “per legge”. E così, in chiusura di 2025, Unione Italiana Vini - Uiv, sollecita la chiusura del dossier dealcolati attraverso una tempestiva adozione del decreto interministeriale dei Ministeri dell’Economia e dell’Agricoltura attuativo della disciplina fiscale, ancora in stallo da oltre due mesi alla Ragioneria di Stato”, come si legge in una lettera inviata, oggi, da Uiv ai due Ministeri competenti (Agricoltura ed Economia). “Numerose aziende vitivinicole italiane - riporta Uiv - hanno intrapreso rilevanti investimenti sia sul piano infrastrutturale, mediante l’acquisto e l’installazione di impianti per la dealcolazione, sia in termini di formazione e posizionamento di prodotto sul mercato”.
“Da tempo chiediamo al Governo di poter operare in condizioni di parità competitiva rispetto agli altri produttori europei - ha detto il segretario generale Uiv, Paolo Castelletti - i quali beneficiano, ormai, da quattro anni del vantaggio introdotto dal Regolamento (Ue) pubblicato nel dicembre 2021. Le nostre imprese sono pronte da tempo, molte di esse hanno già effettuato investimenti, ma, di fatto, oggi dealcolare in Italia è ancora vietato, per questo chiediamo di dare seguito urgente all’approvazione del decreto-legge fiscale” (Decreto-legge 17 giugno 2025, n. 84, recante “Disposizioni urgenti in materia fiscale”).
Secondo l’Osservatorio Uiv, il settore No-Lo (no e low alcol) è uno dei pochi a crescere in un contesto mondiale di forte difficoltà per il vino. L’attuale mercato globale della categoria No-Lo - in cui rientrano anche i dealcolati - vale 2,4 miliardi di dollari ed è destinato a raggiungere i 3,3 miliardi di dollari entro il 2028. Una nicchia di mercato per cui si stima un tasso di crescita annuale composto (Cagr 2028/24) dell’8% a valore e del 7% a volume. Quest’anno solo gli alcol-free hanno il piede incollato all’acceleratore, e secondo le elaborazioni Uiv su base NielsenIq, sul circuito retail di Usa, Uk e Germania i vini a zero gradi, pur rappresentando ancora una quota minoritaria, sono, infatti, protagonisti di una crescita esponenziale: nei primi 9 mesi dell’anno, i volumi sul mercato tedesco sono aumentati del +46%, con share del 5% sul totale No-Lo, e sono registrati un +20% sul mercato britannico (23% sul totale) e un +18% sulla piazza statunitense, con una quota del 17% sul totale della categoria a basso grado. Eccettuato il mercato tedesco, dove si è in controtendenza rispetto al mercato (-23%), gli alcol-free italiani (prodotti giocoforza all’estero) performano bene in Uk (+6% volume e +10% valore) e in Usa, con +17% lato volume e +24% sulla colonna valore. Su questo mercato l’Italia rappresenta il 6% del totale vendite vini a zero gradi, quota che sale all’11% sulla piazza tedesca e al 24% su quella britannica.
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