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ANDREA SARTORI, PRESIDENTE UNIONE ITALIANA VINI: “2008 DIFFICILE (-7% IN VOLUME E +2% IN VALORE), MA SE GUARDIAMO IL CONTESTO INTERNAZIONALE E A QUANTO ACCADUTO A FRANCESI E AUSTRALIANI NON POSSIAMO LAMENTARCI”

Italia
Andrea Sartori

Nonostante un 2008 difficile per l’export di vino italiano, che ha fatto registrare un -7% in volume, a 17,8 milioni di ettolitri, e un +2% in valore, per 3,6 miliardi di euro, “se guardiamo il contesto internazionale e quello che è accaduto ai francesi o agli australiani (primo bilancio con il segno meno in 15 anni), non possiamo certo lamentarci”. È il commento di Andrea Sartori, presidente di Unione Italiana Vini, secondo il quale “la sfida per quest’anno e per i prossimi, se la crisi non darà segni di cedimento, sarà di essere sempre più competitivi, alzando la qualità media e soprattutto comunicando di più e meglio le valenze del vino italiano. I fondi della nuova Ocm per la promozione sono un’occasione unica, da non sprecare in mille iniziative particolari e a volte concorrenziali tra loro. Forse sarà proprio la crisi a renderci per una volta più uniti in nome di un obiettivo comune: la salvaguardia di un prodotto che pur in un anno difficile è l’unico nell’ agroalimentare italiano a segnare un saldo import-export fortemente in attivo (+3,3 miliardi di euro)”.

Guardando i numeri, male il segmento dello sfuso, -16% in volume, mentre l’imbottigliato contiene il calo a -4% per un fatturato stabile a 2,8 miliardi. Negativi sia i vini da tavola in bottiglia (bianchi -4% e rossi -10%) che Doc-Docg (bianchi -4%, rossi -8%). Bene invece gli spumanti, +15% in volume, a 1,4 milioni di ettolitri, e +11% in valore, a poco meno di mezzo miliardo. Paradossalmente, nonostante l’euro forte , è soprattutto l’Unione europea il mercato in cui, secondo l’Unione Italiana Vini, l’export di vino del Bel Paese ha sofferto di più: in un anno il saldo è negativo per il 10% in volume, mentre i Paesi terzi tengono, con un +2%. In Europa stentano la Germania, il primo acquirente di vini italiani a volume, che con i 5,6 milioni di ettolitri importati nei 12 mesi segna un calo del 10%, la Francia (-27%), l’Austria (-25%), la Danimarca (-6%). Stabile a volumi il Regno Unito (-1%), seconda piazza per il nostro vino, mentre soffrono gli Stati Uniti, terzo mercato a volume (-2%) e primo a valore con quasi 800 milioni di euro di fatturato (-4%).

Fra gli altri grandi acquirenti, stabile a volumi la Svizzera (-1%), in leggera ripresa il Canada (+2%) e a doppia velocità la performance della Repubblica Ceca, che a un calo in volume del 3% affianca una crescita a valori del 13%. Sui mercati di “seconda fascia”, invece, volano le performance della Russia (+36% a volume e +12% a valore), che si attesta come 12° piazza per il nostro vino; bene il Giappone (+6%), la Polonia (+10%), Svezia e Norvegia, mentre in grossa sofferenza sono l’Ungheria, che ha praticamente dimezzato gli acquisti, e la Slovacchia (un terzo). A un Brasile in calo del 2% da contraltare un Messico in piena espansione (+34%), mentre sul mercato asiatico, a Cina e Corea che “prendono fiato” (+1% e -1%) ed a un’India in crisi (-17%) fanno da contrappeso le spettacolari performance registrate sulle piazze di Hong Kong (+29%) e Singapore (+17%). Da segnalare, infine, la crescita esplosiva registrata sul mercato degli Emirati Arabi, con volumi aumentati del 50% e valori più che raddoppiati.

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