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LA CURIOSITÀ

Anteprima Amarone - Il vino tra letteratura e cinema, tra “Red Passion e Sorsi di Cultura”

Protagonista di pagine e pellicole, il vino dall’antica Grecia al cinema di oggi secondo Giordano Bruno Guerri e Laura Delli Colli
AMARONE, CINEMA, GIORDANO BRUNO GUERRI, LAURA DELLI COLLI, vino, Italia
Una scena del celeberrimo film Sydeways

Il vino fa parte della storia dell’umanità. Elemento fortemente simbolico rappresenta contrapposizioni di culture, ma anche accoglienza e festa, avvicinamento alla verità nell’euforia dionisiaca. Ecco che il vino non può non essere nell’arte, dalla letteratura al cinema.
Protagonisti di incursioni in questi due territori culturali in cui il vino è variamente rappresentato sono stati Giordano Bruno Guerri, storico, accademico e saggista, e Laura Delli Colli, giornalista cinematografica e scrittrice, nella conversazione “Red Passion e Sorsi di Cultura” all’Anteprima Amarone a Verona.
“La Bibbia è punitiva nei confronti del vino - ha sottolineato Guerri - mentre nella cultura greca è il simbolo di Dioniso, il dio che incarna l’energia della natura, la forza della vita nella fertilità dell’uomo e della terra. Allo stesso modo per i Romani è Bacco. E nella contrapposizione la battaglia è stata vinta dal piacere e dal vino. Recentemente Papa Francesco ha affermato che non può esserci festa senza vino perché non si può immaginare che durante le nozze di Cana si bevesse del thè”.
Molti i riferimenti nella letteratura e gli autori che hanno amato e reso protagonista il vino nelle loro opere. Gabriele D’Annunzio è uno di questi. “Il Vate - ha raccontato Guerri, esperto della poetica dannunziana e direttore generale della Fondazione Vittoriale degli Italiani, la casa di Gabriele D’Annunzio a Gardone Riviera - ha inserito il vino e Dioniso in diverse sue opere, ma era quasi astemio. Tuttavia la sua attenzione all’inebriante liquido era alta, tant’è che ha dato il nome al vino Nepente di Oliena da uve Cannonau, denominazione della Sardegna, come pure ha tenuto a battesimo i liquori Aurum e Sangue Morlacco. Beveva poco, ma per gli ospiti al Vittoriale aveva una cantina molto fornita e importante. Per volontà testamentaria la cantina fu sigillata dopo la sua morte, ma questo non ha purtroppo impedito la sparizione dei pregiati vini che vi conservava. E ancora Victor Hugo, sfiorando la blasfemia, ebbe a dichiarare che “se Dio ha creato l’acqua, l’uomo ha fatto il vino”. C’è una relazione tra creatività e l’euforia provocata dal vino, ma bevuto con moderazione. Persino Charles Bukowski scrivendo “mi siedo davanti alla macchina da scrivere con una buona bottiglia di vino rosso e scrivo meglio, ma quando l’ho finita sono solo un vecchio scrittore ubriaco” lo afferma”.
In questo secolo è la settima arte ad aver raccontato i cambiamenti dell’Italia attraverso la il rapporto con il cibo e il vino. “La prima scena che ci rappresenta - ha raccontato Laura Delli Colli - è quella celeberrima di Alberto Sordi mentre mangia gli spaghetti con un fiasco a fianco in “Un americano a Roma”, film del 1954 diretto da Steno. È in bianco e nero, ma quegli spaghetti li immaginiamo al pomodoro, rossi come il vino nel fiasco. È la prima suggestione tricolore sul senso della tavola. Il vino continuerà a comparire per parecchio tempo nelle pellicole sulla tavola casalinga o nelle trattorie come vino della casa. Poi nel 2003 in “Gente di Roma”, diretto da Ettore Scola, Arnoldo Foà entra in una trattoria e ordina una Amatriciana e gli propongono un buon bicchiere di Amarone. Ecco che si passa dal generico al particolare, nominando un vino per nome. Ettore Scola è stato uno di quei registi, con Fellini, Pupi Avati e pochi altri, che hanno marcano il rapporto tra gusto e piacere producendo effetti promozionali contagiosi. Oggi in questo senso penso a Luca Guadagnino di “Io sono l’amore” del 2009. Il limite non superato nel cinema è il product placement, cioè la pubblicità integrata nel film di etichette e cantine. Il vino può avere nel cinema un ruolo “centrale” e promozionale non sempre dichiarato né esplicito, ma ottimo per accendere emozioni e curiosità, per provocare l’emotività di un incontro, di una seduzione, di scontro e di relazioni sociali. Tutte azioni che orientano l’epilogo. Quattro sono i titoli classici in questo senso - ha proseguito Delli Colli - “French Kiss” di Lawrence Kasdan, del 1995 con Meg Ryan e Kevin Kline, “Mondovino” di Jonathan Nossiter e “Sideways in viaggio con Jack”, Oscar per la sceneggiatura, con Paul Giamatti, entrambi del 2004 e infine “Un’ottima annata” di Ridley Scott, con Russell Crowe e Marion Cotillard del 2006. Sono film non solo costellati di brindisi e di tavole, ma di vigneti, vendemmia e passione. Venendo all’Amarone, molti film nella storia del cinema lo hanno visto protagonista di un brindisi o anche solo di una citazione. Il più popolare, romantico e insieme internazionale è “Letters to Juliet” di Gary Winick del 2010 con Amanda Seyfried, Gael Garcia Bernal e Vanessa Redgrave, ambientato tra Toscana e Veneto, soprattutto a Verona, città dell’amore, ma anche del gusto dove il coprotagonista è folgorato dal gusto speciale dell’Amarone”.

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