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“GIORNATA DEL MIGRANTE”

Braccia e ossigeno per il settore: oltre 360.000 stranieri lavorano nelle campagne italiane

Coldiretti: la comunità di lavoratori agricoli più numerosa è quella rumena (78.214 occupati) davanti a indiani (39.021) e marocchini (38.051)
AGRICOLTURA, Coldiretti, LAVORATORI AGRICOLI, MIGRANTI, Non Solo Vino
Lavoratori in un frutteto

Un apporto fondamentale per l’economia italiana e per garantire l’arrivo nelle nostre tavole di prodotti di qualità. Senza il contributo dei migranti, nei campi e nelle stalle, e non solo, il nostro Paese perderebbe quasi un terzo del made in Italy a tavola: sono 362.000 i lavoratori provenienti da tutto il mondo che hanno trovato regolarmente occupazione in agricoltura fornendo il 32% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore nel 2022. Questi i numeri frutto di un’analisi della Coldiretti che ha collaborato al Dossier statistico immigrazione a cura del Centro studi e ricerche Idos, in occasione della “Giornata del migrante” che ricorre oggi, 18 dicembre. In particolare, la comunità di lavoratori agricoli più presente in Italia è quella rumena con 78.214 occupati, davanti a indiani (39.021), marocchini (38.051), albanesi (35.474), senegalesi (16.229), pakistani (15.095), tunisini (14.071), nigeriani (11.894,) macedoni (9.362), bulgari (7.912) e polacchi (7.449). Si tratta soprattutto di lavoro stagionale con picchi di domanda nei periodi estivi della raccolta “che sono garantiti grazie a lavoratori regolari provenienti da altri Paesi perfettamente integrati che si fermano in Italia per qualche mese, tornando anno dopo anno con reciproca soddisfazione”.
Sono molti “distretti agricoli” dove i lavoratori stranieri sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso della raccolta delle fragole nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte, agli allevamenti da latte in Lombardia dove a svolgere l’attività di bergamini sono soprattutto gli indiani. Nelle campagne servono, sottolinea la Coldiretti, non solo addetti alla raccolta per le verdure, la frutta e la vendemmia, ma anche figure specializzate come i trattoristi, i serricoltori, i potatori. Senza dimenticare “i nuovi sbocchi occupazionali offerti dalla multifunzionalità che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, ma anche alle attività ricreative, l’agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, la sistemazione di parchi, giardini, strade, l’agribenessere e la cura del paesaggio o la produzione di energie rinnovabili”.
Il presidente Coldiretti Ettore Prandini spiega che “è importante affrontare il tema della disponibilità di manodopera con una gestione dei flussi più efficiente partendo dal decreto triennale che abbiamo fortemente sostenuto e che può dare una grande mano tenuto conto che non solo si passa dalle 42.000 unità di lavoro stagionale alle 82.000 del 2023 alle 90.000 del 2025, ma soprattutto che le quote riservate alle associazioni agricole per i loro soci, che dalle 22.000 unità dell’anno scorso raggiungono le 40.000 quest’anno, assicurando alle nostre imprese la certezza di poter avere a disposizione lavoratori regolari e non subire la concorrenza sleale di chi sfrutta le persone”.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri recante la “Programmazione dei flussi d’ingresso legale in Italia dei lavori stranieri per il triennio 2023-2025”, potrà “essere integrato per singolo anno sulla scorta delle sopravvenute necessità come avvenuto nel 2023 e - conclude la Coldiretti - fermo restando il mantenimento delle quote annuali per lavoro stagionale agricolo, sono previsti ingressi anche, come più volte sollecitato, per quote destinate al soddisfacimento del fabbisogno per il settore della pesca”.

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