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Chef-contadini, tra orto e cucina con l’allevamento fuori dalla porta, dall’Emilia all’Alto Adige

“Paladini” del km 0 e della materia prima autoprodotta, a metà tra tradizione e futuro, nei loro ristoranti offrono esperienze del gusto sostenibili

In un universo enogastronomico in continua evoluzione, le figure che sempre più spesso si aggirano in orti, pascoli e stalle per offrire esperienze del gusto sostenibili e nel segno del chilometro zero sono gli chef-contadini. Innamorati della materia prima auto prodotta a un passo dalla cucina, a metà tra tradizione e futuro, producono o raccolgono direttamente gli ingredienti dei loro piatti, in modo da averne il totale controllo e mettendo la firma su ogni fase del processo, che si tratti di uova, ortaggi o carni da portata stellata.
Personalità vulcanica della cucina italiana e cuoco agricoltore per vocazione, Massimo Spigaroli è uno strenuo difensore del “metro zero” che produce l’85% di quello che mette sulla tavola dell’Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense, Castello del Trecento sulla golena del Po, di cui è il “re” insieme al fratello Luciano. Oltre a coltivare ortaggi, piante aromatiche e frutta in quell’orto-giardino che fornisce buona parte degli ingredienti fondamentali per la sua filosofia gastro-fluviale, lo chef ha rivolto la propria attenzione all’allevamento del Suino Nero di Parma, la cui carne viene utilizzata in particolare per i maggiori salumi del territorio e per il loro “sovrano”, il celeberrimo Culatello di Zibello.
Dall’“Alto” del ristorante a un passo dal cielo che guida sul tetto dell’Executive Spa Hotel di Fiorano Modenese, Mattia Trabetti ha una visione panoramica su una terra nota per i motori e per il cibo, e che nasconde nelle selve alcuni sapori segreti. Insieme al botanico Alessio Gennari, lo chef - famoso per un menu stagionale che valorizza i prodotti dell’orto - attende con ansia l’estate e la primavera per proporre escursioni nei boschi della zona, location ideali per la pratica del foraging. Asparagi selvatici, tarassaco, aglio orsino, cicorietta e ortiche sono tra tesori di un bottino naturale ricco di sali minerali, proteine e fibre che impreziosisce i piatti del rooftop restaurant con il cuore nella terra della foresta, da assaporare nella carta del suo nuovo menu “Atto Vegetale”.
Salendo in quota, ma verso le Dolomiti, la cucina del Romantik Hotel Turm di Fiè allo Sciliar, a Bolzano, è la stanza dei giochi per Stefan Pramstrahler, che da sempre punta, insieme al suo executive chef Mathieu Domagala, sul chilometro zero, la stagionalità e il rispetto per la tradizione del territorio. Fieno, patate, erbe di montagna e segale sono tra gli ingredienti immancabili nel menu di un campione del gusto locale e da sempre appassionato di volatili (a cui ha anche dedicato le etichette dei vini che produce con la moglie Kathi), che ora ha nell’allevamento delle galline una nuova e bruciante passione. Ad esempio il guscio dalla caratteristica coloratura rossa della razza Marans è caratterizzato da uno spessore maggiore rispetto a quello del rivestimento delle altre uova, rendendole più conservabili, resistenti e meno soggette alle contaminazioni esterne: è l’uovo perfetto per un consumo a crudo e per l’impiego nella ricetta della crema pasticcera.
“È il prodotto la star, non il cuoco!”: guidato da tale convinzione, lo chef Peter Girtler si gode le 2 stelle Michelin guadagnate alla Einhorn Stube del Romantik Hotel Stafler di Mules, a Vipiteno, dove utilizza i prodotti a chilometro zero dell’azienda agricola della famiglia Stafler, ortaggi del proprio orto biologico e forniture di contadini locali e altoatesini per creare piatti unici nel segno del motto “massimo rispetto per il prodotto”. Appassionato di verdure ormai dimenticate e puntiglioso nell’assicurarsi che il percorso di frutta e ortaggi dal luogo di coltivazione sia il più breve possibile, lo chef può contare su un allevamento di 85 mucche da latte che vivono pacifiche nella stalla “compost” sostenibile e di ultima generazione dei masi dell’hotel.

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