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CREDIT CRUNCH VS SVILUPPO: LE PECULIARITA’ DEL COMPARTO VITIVINICOLO ALLA PROVA DELLA CRISI. LE POSSIBILI SOLUZIONI NEL CONVEGNO “CRISI: SVILUPPO NEL SETTORE VITIVINICOLO” BY CONSORZIO DEL CHIANTI. FOCUS: IL CONSORZIO PENSA AL CAMBIO DI DISCIPLINARE

Il credit crunch bancario è dovuto alla crisi oppure al semplice disinteresse delle banche verso un settore produttivo, come quello viticolo, a lenta e, soprattutto, scarsa redditività? È veramente così grave la situazione delle garanzie sui prestiti? E ancora, nel settore vitivinicolo c’è davvero bisogno di maggior credito? A queste domande ha cercato di rispondere il convegno “Credito: sviluppo nel settore vitivinicolo” di scena oggi a Firenze ed organizzato dal Consorzio del Chianti. “La crisi risale al lontano 2003 - spiega Giovanni Busi, presidente del Consorzio Chianti - abbiamo passato anni con il vino anche a 60-70 euro all’ettolitro, mentre i costi medi si aggiravano sui 110-130 euro ad ettolitro. Oggi, siamo arrivati a 100 euro, con punte a 110-120, riequilibrando il rapporto fra costi e ricavi”.
Adesso c’è bisogno di uno sviluppo “ si deve provvedere a sistemare le perdite - prosegue Busi - le passività delle aziende, rimettendo in equilibrio costi (ridotti) e ricavi (in aumento) ed immediatamente dopo dobbiamo pensare al rilancio delle aziende, passando dalla ristrutturazione degli impianti, alla promozione e sviluppo delle vendite in Italia e all’estero”. In sostanza, ci vogliono risorse economiche, necessarie in tempo di crisi più che mai. Lo strumento del credito diventa allora insostituibile, ma proprio questo elemento decisivo dello sviluppo sembra essere, oggi, più che mai deficitario.
“Il ciclo produttivo in agricoltura raramente è annuale - continua il presidente - il comparto viticolo va da un minimo di due anni fino a cinque ed oltre. Nelle aziende agricole il ritorno economico dell’investimento è molto più lungo rispetto a quello industriale. Le aziende agricole che tendono a rinnovarsi, presentano indebitamenti spesso ampiamente superiori al giro di affari prodotti, senza peraltro essere attività a rischio di “default”. Occorre che il credito sia tempestivo - conclude Busi - adeguato e rimborsabile, sia a lungo sia a breve e poco costoso perché molto garantito”. Eppure la situazione della Toscana del vino sembrerebbe positiva e non solo dal punto di vista commerciale. “La politica della Regione Toscana sull’agricoltura - spiega Pietro Bracci di Fiditoscana - è stata molto incisiva. Sia nelle garanzie per il credito a breve (cambiali agrarie) che per quello a medio e lungo termine. Le soglie di accesso al credito sono state “tarate” sulle esigenza dell’agricoltura e le risorse ci sono. Il fatto strano è che - aggiunge Bracci - c’è una carenza di domanda di credito , nonostante che le poche richieste siano state praticamente accettate in toto. La Regione ha quindi delle risorse ferme - conclude Bracci - e le banche si dimostrano poco interessate al settore”.
Certo, l’assenza di un bilancio ufficiale nella maggior parte delle imprese agricole, strumento fondamentale per la definizione dei rischi di credito da parte degli istituti bancari, continua a restare un tallone d’Achille per il settore. “Proprio per fronteggiare questa difficoltà - spiega Arturo Semerari, presidente di Ismea, Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo - la nostra istituzione si è dotata di un sistema di rating, messo a punto con la consulenza di Moodys, per determinare una valutazione congrua anche in assenza di un bilancio”. Ma a Semerari non sfugge lo stato di emergenza generato dalla crisi “il credit crunch è diventato pesante nel 2011 per le imprese agrcole, mentre nel 2010 la situazione era decisamente nella media degli anni precedenti e, purtroppo, le nostre analisi ci dicono che anche il 2012 sarà difficile da questo punto di vista”. Per questo Ismea si è dotata di nuovi strumenti di garanzia per le imprese agricole anche se “le garanzie sussidiarie di Ismea sono automatiche - prosegue Semerari - cioè non appena una azienda richiede un credito, lo Stato lo garantisce dal 70 all’80%, ma molti non lo sanno. E questo potrebbe spiegare in parte il fatto che le aziende vitivinicole fanno richiesta di garanzia in misura minore degli altri comparti produttivi, solo il 12% delle imprese viticole fa richieste di questo genere, concentrando le richieste sulle garanzie a medio e lungo termine, soprattutto per consolidare i patrimoni. E questa è un’altra peculiarità del comparto vitivinicolo, visto che devono passare anche 10 anni, come nel caso del Brunello, prima che l’imprenditore possa riscuotere i soldi delle vendite. Le regioni con più richieste sono Puglia e Piemonte, mentre dalla Toscana ne sono arrivate molte poche”. Sempre in tema di nuovi strumenti di garanzia, Ismea ha da poco reso operativa la “G-Card” uno strumento gratuito con cui l’azienda può rendersi immediatamente conto se possiede i requisiti all’accesso al credito con le garanzie di Ismea. “Uno strumento - sottolinea il presidente di Ismea - con cui l’azienda può rafforzare il suo potere contrattuale nei confronti delle banche. Ma, dai dati che abbiamo ottenuto fino adesso, su 100 G-Card emesse il 94% non sono diventate garanzie effettive per le banche e questo dimostra - aggiunge Semerari - che le banche non richiedono garanzie, cioè non vogliono erogare del credito. Per questo - conclude il presidente di Ismea - abbiamo introdotto misure alternative di supporto alle aziende come la possibilità per Ismea di entrare nella capitalizzazione delle aziende agricole, per poi passare la mano ad un altro imprenditore o ad un fondo privato”.
E le banche come rispondono? “Il settore vitivinicolo ha un grande futuro, ma - spiega Mario Alessandrini di BNL - la banca deve comprendere l’importanza della specializzazione che, purtroppo, è stata persa in passato”. “Dopo l’abbandono dell’esperienza di Banca Verde - sottolinea Giovanni Bazzini di MPS - l’istituto ha intrapreso un processo di recupero di quelle competenze”. “Il ruolo di una banca rispetto al suo rapporto con il mondo agricolo - afferma Claudio Rossi Ferrini di Chianti Banca - è anche quello di far vedere le cose da un altro punto di vista, per esempio, nelle modalità gestionali dell’azienda”. “Sì è vero - dichiara Paolo Fontana di Popolare di Vicenza - la bassa e lenta remunerazione del settore e la pressoché totale mancanza di bilanci ufficiali delle aziende agricole, ha determinato una perdita d’interesse sul sistema produttivo agricolo. Oggi, però, le cose sono cambiate e comparti quali quello vitivinicolo risultano interessanti, essendo fra i pochi che attualmente riescono a crescere”.
E se poi aggiungiamo che il sistema delle garanzie ipotecarie, probabilmente usato in modo eccessivo nel recente passato dagli istituti di credito del Bel Paese, sta andando in saturazione, potrebbe essere davvero la volta buona che i confidi (cioè le garanzie di prima vendita) finalmente diventino la forma più efficace per garantire le banche nell’erogazione dei crediti agricoli.

Focus - Il Consorzio pensa a un cambio di disciplinare per diminuire le rese a pianta, aumentando però il numero di ceppi ad ettaro. Gli effetti? Aumento della produzione e incremento della qualità
Il Consorzio del Chianti sta valutando la possibilità di cambiare il proprio disciplinare di produzione. Una opzione per mutare il rapporto delle rese e aumentare la qualità. “Un anno fa abbiamo iniziato un ragionamento sul disciplinare, solo negli impianti ad alta densità: aumentando il numero dei ceppi ad ettaro, infatti, è possibile aumentare la produzione, mantenendo gli stessi costi e quindi ottenere una maggiore produzione lorda vendibile e una, non perdita, in momenti di forte crisi. Stiamo pensando - ha aggiunto - di aumentare la quantità di uva per ettaro e diminuire al tempo stesso quella per ogni singola pianta. Ciò che fa la qualità è infatti l’uva sulla pianta, e riducendola potremmo aumentare la nostra qualità”.

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