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L’ANALISI

Dai mercati alla “generazione Z” di wine lovers: il vino può rialzarsi da un 2023 difficile

Il calo dei consumi, l’inflazione, l’export che non ingrana e un prodotto che non conquista i giovani. Cosa ci ha evidenziato il “Forum Wine Monitor”
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Il vino può rialzarsi da un 2023 difficile (ph: Lookstudio via Freepik)

Per il settore vino, il 2023 è un anno sicuramente difficile, soprattutto sui mercati internazionali, con un calo delle vendite sostanzioso, come già riportato qui. Una doccia fredda dopo un 2022 più che positivo e che lascia preoccupazioni anche in ottica futura. Le possibili “minacce” non mancano, dall’inflazione e quindi il drastico calo di potere di acquisto da parte dei consumatori che non riempiono più il carrello della spesa come una volta ai trend che mutano rapidamente. Non a caso la nuova generazione non pare attratta dal “prodotto vino” come in passato preferendo orientarsi altrove. Ma è anche prematuro dire che “va tutto male”. Il vino italiano ha tutto per risollevarsi e un’annata negativa non deve far dimenticare il trend degli ultimi anni, caratterizzato dal segno più. Di certo deve fare una riflessione, guardare al futuro con ottimismo e dinamicità considerato anche la velocità con cui i mercati cambiano velocemente. E’ la riflessione sui numeri del vino, emersi dal Forum Wine Monitor by Nomisma n. 10, che già dal titolo, “Trovare il bandolo della matassa”, va al cuore della questione, con interventi di Federico Zanella, presidente & ceo Vias Imports, tra le principali realtà di importazione di vino in Usa, e di due manager ed imprenditori tra i più importanti del mondo del vino italiano, Ettore Nicoletto, presidente & ceo Angelini Wines & Estates, e Lamberto Frescobaldi, alla guida di Frescobaldi.
Ad introdurre sullo stato dell’arte del vino italiano e sulle prospettive nei principali paesi esteri è stato Denis Pantini, responsabile Agroalimentare e Wine Monitor Nomisma: “il 2023 è un anno molto incerto per il mondo del vino e carico di criticità, soprattutto sui mercati internazionali”. Un’analisi che è partita, comunque, da un dato significativo e cioè che, nel 2022, “nei 30 mercati più importanti 20 hanno recuperato in termini di volume quello che avevano perso per il Covid”
. Ma poi è arrivata la flessione con l’import che è sceso considerevolmente nei primi otto mesi del 2023 con gli Stati Uniti -13,4%, Regno Unito -5,7%, Francia -0,8%, Cina -27,2% (da molti considerato come “il grande malato”), Giappone -11,3%, Corea del Sud -19,3%. Anche gli acquisti dall’Italia sono in calo praticamente ovunque, in linea con il trend di mercato. “Negli spumanti la situazione migliora ma solo leggermente - dice Pantini - con differenze negative sul 2022, soprattutto per i volumi. La Francia continua, però, a macinare crescite importanti con +33% a valore e quasi +18% a volume”. E per le bollicine l’Italia è un mercato sempre più importante. Poi c’è la Germania, primo mercato per volume per l’Italia, ma dove c’è una situazione economica delicata. Qui la tenuta delle importazioni è legata allo sfuso e al bag in box e nella bilancia 2023 l’Italia cresce in volumi (+7,1%), ma perde in valore (-5,3%). Una situazione difficile a livello internazionale dove tra i top exporter solo Portogallo e Nuova Zelanda crescono sia a valore che a volume.
Sulla situazione negli States ha fatto un approfondito focus Federico Zanella, presidente & Ceo Vias Imports, (che lavora con cantine come Cataldi Madonna, Basilisco, Statti, Vie di Romans, Principe Pallavicini, Velenosi, Giovanni Rosso, Produttori del Barbaresco, Pecchenino, Leone De Castris, San Leonardo, Fattoria del Cerro, Castello dei Rampolla, Campo alla Comete, Rocca di Frassinello, Salvioni, Còlpetrone, Argillae e Speri, tra gli altri): “per leggere e capire quello che sta succedendo oggi negli Stati Uniti va fatto un passo indietro e analizzato quantomeno tutto il 2022. Nel primo semestre, di un anno sicuramente positivo, possiamo vedere come ci fosse effettivamente una euforia nella domanda degli americani, ma abbiamo assistito ad una crisi di quella che è stata la catena logistica e ad un cumulo di container in uscita dall’Italia. Nel terzo quarto abbiamo avuto un calo della domanda e un conseguente sblocco della logistica, che è andato ad inondare il mercato americano di vino. A ciò non è conseguita successivamente un aumento della domanda portando quindi i distributori ad avere un overstock. Queste sono le premesse per la “bomba” scoppiata nel 2023. Abbiamo assistito ad una Fed che, da inizio marzo 2022, ad iniziato ad alzare i tassi e non si è più fermata fino ad oggi”. Lo scenario è cambiato per i consumi se consideriamo anche che “c’è un calo tout court in tutte le categorie, il rosato sta soffrendo di più. Si vende di più per cliente, ma, rispetto al 2019, ci sono il 10-15% in meno di ristoranti aperti negli Stati Uniti, quindi ce ne sono meno a cui vendere. Per l’off-premise, dopo il boom 2020 e il costante e graduale calo dei volumi, nel 2022 su questo va ad aggiungersi la prestazione molto negativa delle catene. Quanto ci vorrà a smaltire l’overstock? Penso che entro la fine del primo trimestre 2024 si inizi ad innescare un riordino di quantità più piccole ma più costanti nel tempo”.
Tra i mercati che stanno soffrendo, la Cina sembra tra quelli che se la passa peggio. Ma Lamberto Frescobaldi, presidente Marchesi Frescobaldi, una delle grandi famiglie del vino italiano, vede, comunque, dei segnali positivi per il futuro. Intanto ricorda che negli ultimi due anni le aziende hanno fatto profitti e, tornando alla Cina, “non sta andando così male. Chi è stato più attento, continuando a coltivare la sua clientela è riuscito a tenere la sua quota di mercato se non addirittura aumentarle, sia in Cina che in tutti quei mercati che si ritengono adesso in crisi come gli Usa. Qui alcune aziende stanno facendo meglio di prima. Il mercato dove quasi tutti stanno avendo un segno negativo è la Germania che è molto attenta alla spesa. Il mondo non sta finendo, bisogna stare con i piedi per terra e fare anche mea culpa, perché qualcuno ha aumentato i prezzi in modo ingiustificato e adesso non vuole tornare indietro, ma dovrà farlo, così come rendere le aziende più efficaci. I mercati più promettenti per i prossimi anni? Ci sono sempre le opportunità, negli Stati Uniti, New York si sta ripopolando, e poi il Canada che è ancora un buonissimo mercato. La Russia era un mercato dove l’Italia faceva meglio della Francia, la Cina è un mercato enorme, non sono Paesi emergenti ma possono dare soddisfazione. E poi il mercato nazionale che dà ancora grande opportunità, il turismo è cresciuto tantissimo, a volte possiamo guardare anche a casa migliorando la catena distributiva. L’Italia è tutta una città d’arte, la ristorazione sta andando molto bene”.
Il mondo del vino deve poi tenere in considerazione non solo i cambiamenti del mercato, ma anche di quelli dei consumatori e del potere di acquisto eroso. Emanuele Di Faustino, responsabile Industria, Retail & Servizi Nomisma, sottolinea la centralità dell’Italia che, con “23 milioni di ettolitri, è il terzo mercato per consumi di vino al mondo dopo Stati Uniti e Francia”. Il vino, nella rilevazione a Settembre 2023, rispetto ad un anno fa, ha un’inflazione del 3,1%, ma, comunque, inferiore rispetto a birra (10%) e spirits (5%). “Nove italiani su dieci hanno modificato i comportamenti di acquisto nel carrello della spesa alimentare, l’80% ha messo proprio in campo delle strategie contro l’aumento dei prezzi”. Per il mercato del vino nella distribuzione moderna, dopo anni di crescita il 2022, ha segnato un calo dei volumi venduti, ma anche un riallineamento dopo la finestra Covid. Il riallineamento è stato in volume “trainato dagli spumanti che son cresciuti del 50% nel giro di sei anni”. Nel 2023 il valore vendite (gennaio-settembre) si attesta a 2,3 miliardi di euro, con un aumento in valori (+3,5%) e un calo in volumi (-2,3%). Nella Gdo, nei primi mesi dell’anno, crescono i vini Igp in valore con gli spumanti che lo fanno anche in volume. Ma dove si consuma? “Il canale domestico - spiega Di Faustino - rimane il principale intercettando i tre quarti dei consumi, gli under 25 bevono meno vino e con una minore frequenza, ma anche in modalità diversa, come il mixato, e sono più attenti agli aspetti salutistici e alla sostenibilità. Hanno un diverso approccio al vino: solo il 38% della Generation Z beve vino fuori casa, mentre tra gli over 55 scendiamo al 17%”.
Un cambiamento, quello della platea dei consumatori, su cui si è soffermato anche Ettore Nicoletto, presidente & ceo Angelini Wines & Estates. Sulla crisi dei vini rossi, Ettore Nicoletto ha spiegato come sia “prematuro dire che sia una crisi dai caratteri strutturali mentre sui consumi c’è una sofferenza più marcata. Non so da cosa può dipendere, molto, secondo me, ha a che fare con l’audience che sta cambiando e noi dobbiamo accorgercene il prima possibile. Bisogna lavorare nel capire di più, c’è una categoria molto ampia di vini rossi che andrebbe ripensata, stilizzata. E, quindi, meno alcool, più verticalità, più tensione ed energia. Una gradazione alcolica più bassa può essere uno strumento per corteggiare una categoria di consumatori che, per pregiudizio, non si avvicinano ad un vino da 15 gradi”.

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