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DAL 10 OTTOBRE, VIA LIBERA AL PRIMO DEI TRE AUMENTI DELL’IMPOSTA SULL’ALCOOL: IN TUTTO, UN INASPRIMENTO DELLE ACCISE DEL 30%. A WINENEWS, LE PAROLE DEL DG FEDERVINI OTTAVIO CAGIANO. FOCUS - LA DURA PRESA DI POSIZIONE DI ASSODISTIL

Italia
Ottavio Cagiano, dg Federvini

Dal 10 ottobre, via libera al primo dei tre aumenti dell’imposta sull’alcool, previsti per finanziare il taglio dell’Imu ed il decreto scuola. In tutto, un inasprimento delle accise del 30%, che colpirà distillati, vini fortificati e birra. Aumenti “che colpiranno non solo i distillatori, sul piede di guerra, ma anche i produttori di vini fortificati, come il Marsala ed il Barolo Chinato, e di birra, che hanno visto lievitare le accise, dal 2004 ad oggi, del 114%”, come spiega a WineNews Ottavio Cagiano, direttore generale Federvini. “Per prodotti come vermouth, vini aromatizzati e vini liquorosi, le accise passeranno da 68,51 euro per ettolitro previsti oggi a 77,53 euro dal 10 di ottobre, poi si arriva a 78,81 euro dal gennaio 2014, per giungere a 87,28 euro nel gennaio 2015. Nello stesso periodo - continua Cagiano - per liquori, limoncello, grappe, acquaviti di uva e frutta, amari, si passerà dagli 800,01 euro per ettanidro (un ettanidro corrisponde a 100 litri di alcol anidro, cioè puro, quindi a 100 gradi, ndr) di adesso ai 1.019 euro del gennaio 2015. In meno di 16 mesi, insomma, c’è un incremento del 27,5% circa. All’incremento, poi si legano tutti gli atti amministrativi conseguenti, che comunque hanno un costo. Aumenti del genere sono una follia, e oltretutto non si tiene conto della parte aggiuntiva di oneri da pagare, che rischiano di spingere le aziende a richiedere maggior credito. Insomma, se si fosse chiesto un sacrificio a tutti i settori produttivi del Paese sarebbe stato un altro conto, ma così non si possono affrontare i problemi, tantomeno con queste cadenze e con percentuali del genere”.

Focus - La dura presa di posizione di AssoDistil
“Un accanimento che non ha nulla di terapeutico e che porterà alla chiusura di decine di piccole e medie aziende della distillazione”, fa eco Antonio Emaldi, presidente di AssoDistil, che commenta così la decisione del governo Letta. “In pratica, il comparto subirà aumenti a più riprese nel giro di poco tempo dopo quello di ottobre, ci sarà un ulteriore rialzo dall’1 gennaio 2014, seguito da un altro scatto nel 2015. Nel complesso, si tratta di un aumento di quasi il 30%: un peso insostenibile anche per settori più solidi di quello distillatorio”. Anche perché, a norma di legge, le accise devono essere improrogabilmente versate entro il 16 del mese successivo all’immissione in consumo del prodotto, accrescendo così gli attuali problemi di liquidità delle imprese.
“Ci chiediamo che fine abbia fatto quella politica di contenimento delle spese, nota ai più come spending review - aggiunge Emaldi - visto che il governo sembra voler insistere su una crescita delle tasse. Eppure, ricorda il presidente di AssoDistil, “proprio la Ragioneria di Stato, lo scorso giugno, su richiesta del governo Letta in funzione della copertura indicata in Parlamento nel disegno di legge sugli esodati della scuola, aveva stilato un parere sfavorevole all’inasprimento dell’imposta, evidenziando gli effetti regressivi sul settore in un momento di crisi come quello attuale e, al contrario, il probabile emergere di consumi illegali, privi dei necessari controlli sanitari, legati a fenomeni di contrabbando”.
Per giunta, i conti pubblici dimostrano l’inutilità di tali provvedimenti. I dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze attestano che a partire dall’ultimo aumento dell’accisa nel 2006, si è registrato un progressivo calo dei consumi e del relativo gettito annuo medio, culminato con la riduzione del 22,4% nel 2012 e di un ulteriore 6% rispetto al 2011. “Al presidente del Consiglio Letta - stigmatizza il numero uno dei distillatori - abbiamo spiegato in una lettera che, addirittura, nel 2012 si è raggiunto il “minimo storico” delle entrate derivanti dall’accisa sulle bevande alcoliche e, a fine giugno, si è registrata un’ulteriore flessione delle entrate (-5,4%), corrispondente ad una riduzione di 12 milioni di euro”.
L’aumento delle accise avrà quindi un solo effetto accertato: colpire le aziende di un settore peraltro già messo a dura prova dalla crisi degli ultimi anni. “E’ un provvedimento iniquo e ingiusto - conclude Emaldi - che danneggia un comparto rappresentativo dell’agroalimentare italiano. Pur rimanendo disponibili al confronto con le istituzioni, non siamo però più disposti ad accettare operazioni di ‘accanimento fiscale’, per giunta del tutto inutili dal punto di vista del gettito”.

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