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“DOBBIAMO RIDARE FIATO E VIGORE ALLE BATTAGLIE DI VERONELLI: E’ BELLO CHE EXPO 2015 GLI DEDICHI UNA MOSTRA, MA DOVREBBE ANCHE RISCOPRIRNE IL LINGUAGGIO, OCCUPANDOSI MENO DI INDUSTRIA ALIMENTARE E PIU’ DI AGRICOLTURA”. A WINENEWS, GIGI BROZZONI

A dieci anni dalla morte, il mondo dell’enogastronomia italiana riscopre la grandezza di uno dei suoi protagonisti più grandi, Luigi Veronelli, a cui l’Expo 2015 dedicherà la mostra “Camminare la Terra”. Ma cosa ne pensa, Gigi Brozzoni, che dirige il Seminario Veronelli? “C’è voluto - racconta a WineNews - il decennale per risvegliare le coscienze di chi ha conosciuto Veronelli , ma non ha saputo portarne avanti le battaglie, e le conoscenze dei più giovani, che non hanno avuto di conoscerlo né di averlo come maestro. Il problema è ridare fiato e vigore alle battaglie degli ultimi anni, soprattutto quelle che non si sono ancora concluse, proprio perché è venuto a mancare il suo spirito combattivo che avrebbe potuto portarle al successo. È un’eredità che portiamo noi sulle spalle, e che dobbiamo portare avanti, per dare un senso ad un’opera che Veronelli iniziò in gioventù, intraprendendo un percorso che ha portato l’Italia ad essere protagonista dell’enogastronomia mondiale. Per questo una grande mostra, che ne ripercorra una parabola ancora da concludere, dà un senso ed una profondità necessarie alla vicenda umana ed alla storia di Veronelli. L’auspicio, naturalmente, è quello che l’Expo sappia raccogliere l’eredità di Veronelli: ultimamente si è parlato molto di Expo, ma non da un punto di vista veronelliano. Si è parlato troppo di industria alimentare, venendo a mancare temi più specifici e legati all’artigianato dell’enogastronomia, più che ciò che riguarda i bisogni dell’industria, tornando a coltivare il rapporto tra agricoltore e consumatore”.
La battaglia più urgente, però, non è più sul vino: “il sogno veronelliano non è ancora concluso, lui sosteneva, negli ultimi anni della sua vita, che la battaglia del vino fosse sostanzialmente vinta, mancavano pochissimi elementi per chiuderla, a partire da un vero catasto vinicolo. Il suo grande sogno era riuscire a fare per l’olio d’oliva ciò che è stato fatto per il vino, una battaglia lontanissima dall’essere conclusa. Le cose, infatti, non vanno per il verso giusto, come racconta l’attacco del New York Times di qualche giorno fa, che ci accusa di non saper fare sistema attorno alla qualità del nostro olio d’oliva. È un attacco che fa male, proprio perché scopre il nostro punto debole: non è possibile che una delle grandi ricchezze italiane non venga riconosciuta come tale, e che l’Italia non ne sappia tutelare la produzione. È importante - conclude Brozzoni - perché è la chiave di volta di tutto il sistema agroalimentare: se riusciamo a sdoganare l’olio come abbiamo fatto con il vino si apre una breccia per tutti gli altri prodotti. Di fronte, però, abbiamo una produzione ancora più frammentaria di quella del vino, ed un’industria molto più agguerrita: bisogna far capire che siamo un Paese straordinario ma che non riesce a rendere grande i suoi prodotti più significativi, e dalla coscienza di ciò si può partire per nuove battaglie”.

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