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Dopo tante parole, la vendemmia 2017 vedrà il primo grande banco di prova collettivo a Vinitaly (Verona, 15-18 aprile). A WineNews l’enologo Giuseppe Caviola: “vendemmia massacrata prima del tempo, la qualità mi soddisfa davvero, in tanti territori”

Italia
Giuseppe Caviola

Per la difficilissima vendemmia 2017, e soprattutto per i tanti vini d’annata che stanno debuttando sui mercati in queste settimane, il primo grande banco di prova, nel calice e nel mercato, per il vigneto Italia, sarà il prossimo Vinitaly (Verona, 15-18 aprile). Un momento in cui, con tutta l’Italia enoica a Veronafiere, dopo le fosche previsioni, purtroppo avverate, sul fronte della quantità (con una produzione in calo di oltre il 30% sul 2016, ndr), e i controversi pareri sul versante della qualità, divisi tra il “meno peggio del previsto, ma senza eccellenze”, ed il “poco ma buonissimo”, si potrà davvero iniziare a capire come sono la gran parte dei vini nati dall’ultima vendemmia. Sulla quale, intanto, a WineNews, dice la sua Giuseppe Caviola, uno degli enologi italiani più sulla cresta dell’onda degli ultimi anni, con tantissimi vini premiati dalla guide del Belpaese, e consulenze che vanno dal Piemonte alla Sicilia, con cantine prestigiose come Damilano, Poderi Einaudi, Vietti e Albino Rocca in Piemonte, Sella & Mosca in Sardegna, del gruppo Terra Moretti, come Petra, in Toscana, dove Caviola segue anche realtà come Tenuta Sette Ponti (di Antonio Moretti, che ha anche Feudo Maccari in Sicilia, ndr), Castiglion del Bosco e Camigliano a Montalcino e Villa Cafaggio in Chianti Classico, tra le altre, o ancora Umani Ronchi nelle Marche, solo per citarne alcune tra le tantissime.
“Secondo me la vendemmia 2017 è stata massacrata e criticata troppo presto - dice Caviola - prima ancora dell’avvio. Già a luglio-agosto si parlava di annata disastrosa. Io collaboro con tante realtà dal Nord al Sud, e per quello che ho visto, è sicuro che si è prodotto poca quantità, anche per via delle gelate tardive in certe zone, che sicuramente hanno compromesso i volumi, ma parlando di qualità, mi ritengo realmente soddisfatto, il vino lo dimostrerà, a partire da quelli che saranno degustati “en primeur” a Vinitaly”.

Ovviamente, in un Paese come l’Italia, fatto di tanti territorio, microclimi e vitigni, la situazione può essere anche molto diversa da zona a zona. “E tra quelli che sono usciti meglio dalla vendemmia 2017, non per essere partigiano, ma dico il mio Piemonte, dove sono anche produttore (con la cantina Cà Viola, ndr). Anzi, se parliamo del vitigno più importante, il Nebbiolo, e quindi di Barolo e di Barbaresco, dico che oltre ad avere ottenuto una qualità eccellente, c’è stata anche una buona resa in quantità, considerando l’annata. Discorso che, in linea di massima, vale anche per Barbera e Dolcetto”.
Altro territorio di eccellenza, ovviamente, è quello del Brunello di Montalcino. “Qui effettivamente la quantità è stata scarsa, abbiamo prodotto un 30% in meno della norma, ma anche in questo caso sono soddisfattissimo della qualità del vino”. Un andamento simile a quello della Maremma, spiega Caviola: “in qualche caso le quantità sono state davvero minime, soprattutto per vitigni come il Merlot, ma quel poco che si è prodotto è davvero di qualità elevatissima. Direi che in generale, più che di annata esageratamente calda, come la hanno definita molti, paragonandola alla 2003, che secondo me è stata molto diversa, parlerei di annata siccitosa, ma non eccessivamente calda. Anche in Sicilia, per esempio, dove ho avuto risultati sorprendenti”.

Altro territorio che, almeno in qualità, non sembra aver risentito delle difficoltà della 2017, è quello del Verdicchio, nelle Marche: “ abbiamo vini davvero equilibrati, senza eccessi di concentrazione zuccherina, e quindi di alcol, e che hanno mantenuto anche grande freschezza e acidità”.

Insomma, un quadro nel complesso positivo, quello tratteggiato da Caviola. Che non ha particolari preoccupazioni per i danni che le gelate di aprile e la siccità estiva del 2017 potrebbero aver lasciato in vigna. “Io ovviamente mi occupo soprattutto della parte enologica, ma dai confronti che abbiamo con i colleghi agronomi, diciamo che possiamo ben sperare, e guardare al futuro con ottimismo”.

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