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E’ COOL, DI OTTIMA QUALITA’, SE NE PARLA IN TV E SUI GIORNALI, IMPAZZA NEI CORSI DI DEGUSTAZIONE, MA SE NE BEVE SEMPRE MENO: IL VINO ITALIANO, IN PROFONDA CRISI ESISTENZIALE, SI RIVOLGE ALLO PSICOLOGO

Italia
Il vino italiano come il sesso?

Tutti ne parlano, tutti lo amano, tutti ne leggono e se ne occupano, ma sono sempre meno quelli che lo bevono: il vino italiano vive una profonda crisi esistenziale, sdoppiato tra la sua immagine esteriore, cool e modaiola, contesa da trasmissioni televisive e riviste patinate, e la triste realtà, che vede in Italia un calo inarrestabile dei consumi, scesi a 48 litri pro capite all’anno (solo negli ultimi quattro anni il consumo di vino si è contratto dell’11%).

Il “paradosso italiano” esplode al Salone del Vino di Torino (27-30 ottobre), che in questi giorni vede riuniti i massimi esponenti dell’enologia del nostro Paese: produttori, enotecari, giornalisti, buyers e opinion leader. Il vino italiano è lacerato da una profonda scissione interiore, e ha bisogno di andare in analisi.

Il dottor Alessandro Meluzzi, noto psicologo, afferma a WineNews: “Quello che succede al vino si può paragonare a quello che succede al sesso: più se ne parla, meno lo si fa, in questo caso meno lo si beve. Il consumo di vino ha subito una profonda evoluzione nel tempo: nelle usanze contadine era un alimento considerato al pari del pane, e se ne beveva in grandi quantità, pur se di cattiva qualità e di sapore incerto. Gli italiani ne consumavano molto quando erano poveri, con il crescere della ricchezza è diminuito sia il consumo di pane che quello di vino. Oggi siamo “ricchi” e si beve poco vino, ma di qualità. Bere vino è considerato un evento: estetico, sociale, culturale. Certo la gente è sempre più perplessa da questo vino ormai diventato un costoso status symbol: basti pensare che per la classe dirigente è un segno di distinzione produrre bottiglie con la propria etichetta. Se il vino fosse una persona direi che questa “altezzosità” non giova alla sua immagine: il mio suggerimento è che prenda esempio dalle monarchie nordeuropee, aristocratiche ma con understatement. Il vino deve tornare ad essere più accessibile, più abbordabile, senza naturalmente perdere la sua eleganza. Proporsi senza eccessi, né di alterigia, né - lasciatemelo dire - di prezzo”.

Ma com’è possibile che in Italia più si parla di vino, meno se ne beva? Solo nel 1975 il consumo di vino si attestava su circa 100 litri pro capite. Da allora è calato a 48 litri, e secondo le ultime proiezioni questo dato è destinato a diminuire ulteriormente. Nello stesso tempo il vino è diventato un fenomeno di costume, che vede il moltiplicarsi di trasmissioni televisive e riviste specializzate, il proliferare di scuole e corsi di degustazione, il dilagare di wine bar ed enoteche, per non parlare delle mille fiere ed eventi che affollano il territorio nazionale. In più il vino è un prodotto profondamente radicato nella nostra storia e nelle nostre tradizioni, è un elemento-base della tanto raccomandata dieta mediterranea (al pari della pasta, dei pomodori, dell’olio extravergine d’oliva), l’enologia italiana si colloca ai primi posti del mondo per livello qualitativo, e soprattutto lo strettissimo legame tra vino e salute è stato confermato da centinaia di ricerche scientifiche, che hanno dimostrato che il vino possiede un’azione protettiva nei confronti delle malattie cardiovascolari, aumenta il colesterolo buono nel sangue (Hdl), vanta un’azione preventiva sui tumori, e persino una potente azione anti-aging. Eppure gli italiani non ne bevono nemmeno un bicchiere al giorno ciascuno. E non può non saltare agli occhi l’enorme divario con un altro simbolo dell’alimentazione made in Italy, la pasta: nel 1954 i consumi di pasta toccavano i 28 kg pro capite annui. La stessa cifra di oggi, tanto che l’Italia si colloca al primo posto assoluto nei consumi mondiali. Più di sessant’anni dopo il mito italiano della pasta resiste e si è diffuso nel mondo come “vessillo della cucina italiana nel mondo”. Eppure alla pasta non è dedicato lo stesso spazio mediatico riservato al vino.

Il “gastronauta” Davide Paolini, uno dei maggiori esperti delle tendenze del wine & food, afferma: “Negli ultimi anni si è instaurato questo meccanismo perverso per cui il vino è sempre più al centro dell’attenzione mediatica ma se ne consuma sempre meno: fa chic parlare di vino ed esibire la propria cultura sull’argomento, ma la realtà è che tutti bevono acqua, al massimo un assaggio di vino a buon mercato la sera a casa, mentre le bottiglie importanti sono relegate ad occasioni sempre più rare, come le cene di lavoro o con gli amici al ristorante”.

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