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E SE IL VINO FOSSE L’INVESTIMENTO GIUSTO IN TEMPO DI CRISI ED ALTA VOLATILITÀ DI BORSA? SÌ, MA A PATTO DI OPERARE CON PROFONDA PROFESSIONALITÀ E CON BUONE DOSI DI EXPERTISE. LO ABBIAMO CHIESTO A CORDERO DI MONTEZEMOLO (EUROPEAN SCHOOL OF ECONOMICS)

Italia
Stefano Cordero di Montezemolo

L’oro, è notizia di oggi, vola sopra i 1.700 dollari all’oncia, confermando la sua forza come “bene rifugio” in un momento di crisi generalizzata come quello attuale. Ma l’oro fa parte di quella asset class detta Swag (Silver, Wine, Art, Gold), che, negli ultimi dieci anni, ha dato prova di una robusta redditività, con performance più interessanti delle stesse azioni, rappresentando il migliore investimento alternativo.

La domanda è quindi d’obbligo: i grandi vini, cioè i “fine wines” protagonisti delle aste, possono davvero diventare anche protagonisti dei portafogli degli investitori? WineNews lo ha chiesto a Stefano Cordero di Montezemolo, direttore dell’European School of Economics e professore all’Università degli Studi di Firenze, che spiega: “storicamente è dimostrato che alcuni grandi vini hanno una rivalutazione importante nel tempo. Un fenomeno che interessa non soltanto i vini francesi di Bordeaux, Borgogna o Châteauneuf-du-Pape, ma anche alcuni vini italiani, capaci di aumentare il loro valore in modo significativo. Un effetto utile anche per le stesse aziende, da un punto di vista comunicativo, di immagine e di identità, elementi che alla fine concorrono a spingere verso l’alto i prezzi con il passare del tempo”.

Ma ad assicurare ai grandi vini l’opzione di “investimento anticrisi” anche solide ragioni lontane da qualsivoglia caratterizzazione effimera: il vino è il risultato di un’attività tangibile, un’ottima longevità, non sono associati ad oneri debitori eccessivi, hanno una reperibilità limitata, le loro prestazioni borsistiche sono relativamente correlate all’andamento dei mercati azionari e un default di fondi sovrani non cambierebbe nessuna di queste caratteristiche.

Il punto critico resta però quello che per ottenere ricavi interessanti dall’investimento sui grandi vini, oltre ad una buona/ottima dose di expertise, “bisogna essere molto attivi per poter guadagnare in modo sistematico da questi asset - prosegue Montezemolo - Occorre aver costruito una rete di rapporti specialistica perché il segreto fondamentale è quello di acquistare questi vini prima della loro effettiva uscita sul mercato, facendo un po’ una scommessa. Peraltro, in Francia il mercato dei futures sui grandi vini è diffuso da molto tempo e chi opera in maniera sistematica su questo specialissimo mercato può certamente avere dei ritorni importanti”.

“La logica è - continua Montezemolo - quella sostanzialmente collezionistica, per un bene, il vino, capace di crescere la proprio qualità nel tempo, avere una diffusione relativamente scarsa e che nel tempo si riduce ulteriormente. Non ultimo poi il peso di un vero e proprio “mercato secondario”, rappresentato dalle case d’asta, i cui risultati sono poi amplificati in modo impressionante dai mass-media. Un mercato e un mondo, insomma, che va approcciato professionalmente e che se fosse fatto in modo più sistematico in Italia potrebbe significare per i produttori stessi un modo sicuro di finanziarsi prima dell’effettiva vendita delle loro bottiglie. Ma in Italia - conclude Montezemolo - sono però molto pochi i vini che possono permettersi di stare in un mercato del genere, cioè quello in cui la rivalutazione dell’etichetta è affidata al semplice passare del tempo”.

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