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TRA PASSIONE E SPECULAZIONE

Fine wine, 2023 anno nero. L’Italia si difende, ma è comunque in negativo. Ed il 2024 sarà peggiore

Dopo l’euforia degli anni passati, tutti in negativo, a doppia cifra (tranne l’Italy 100) gli indici del Liv-Ex, riferimento del mercato secondario

Il Liv-ex 100 giù del -13,2% da inizio anno, nel 2023, e del -13,4% tra novembre 2022 e lo stesso mese 2023; il Liv-Ex 1000 che segue lo stesso identico trend, mentre l’Italy 100, l’indice “migliore” in assoluto in questo anno, ferma le perdite a -6,4% nel 2023, e -6,9% negli ultimi 12 mesi, facendo meno peggio di Bordeaux 500 (-10,3%), Bordeaux Legends 40 (-11,1%), Burgundy 140 (-16,2% nei 12 mesi), e Champagne 50 (-19,1%). Dati di sintesi, quelli della piattaforma leader per il mercato secondario dei grandi vini da investimento, che raccontano di un brusco stop dopo anni di crescita, il cui certe etichette, forse, sono state più oggetto di speculazione finanziaria che di investimento di veri e propri appassionati. Ma tant’è, ed in un panorama sostanzialmente negativo, consola un po’ lo spirito patriottico il fatto che l’indice che ha resistito meglio sia quello dedicato al Belpaese, e formato dal Barolo di Bartolo Mascarello (annate dalla 2009 alla 2018), dal Barolo Falletto Le Rocche Riserva di Bruno Giacosa (annate 2000, 2001, 2004, 2007, 2008, 2011, 2021, 2014, 2016 e 2017), dal Flaccianello della Pieve di Fontodi (annate dalla 2010 alla 2019), il Barbaresco di Gaja (annate dalla 2010 alla 2019), dal Barolo Monfortino Riserva di Giacomo Conterno (2001, 2002, 2004, 2005, 2006, 2008, 2010, 2013, 2014 e 2015), e ancora dalle annate dalla 2010 alla 2019 di Masseto, Ornellaia, Sassicaia, Solaia e Tignanello.
E se il Belpaese ha anche guadagnato posizioni e numero di etichette presenti nella Liv-Ex Power 100, come vi abbiamo raccontato qui, sono tricolore anche alcuni dei vini più performanti, secondo il report del Liv-Ex. Tra i vini scambiati che hanno mosso più valore, infatti, tra i grandi di Francia come Chateau Lafite Rotschild, Petrus, Dom Perignon, Cristal di Louis Roederer e Comtes de Champagne di Taittinger, e gli americani Screaming Eagle e Opus One, ecco il Sassicaia 2019 della Tenuta San Guido. Mentre tra i più scambiati in volume, spicca un grandi classico come il Tignanello di Antinori, annata 2019, e la new entry rappresentata dal Brunello di Montalcino 2018 di Argiano, effetto diretto del premio arrivato dalla rivista Usa “Wine Spectator”, che lo ha messo al n. 1 assoluto della sua “Top 100 Wines of 2023”. Guardando ai singoli vini italiani, secondo l’approfondimento di WineNews, tra quelli dell’Italy 100, le etichette che sono cresciute di più in termini di aumento di valore, nel 2023, sono stati il Barolo Monfortino Riserva 2021 di Giacomo Conterno (+42,1%), il Flaccianello della Pieve 2011 di Fontodi (28,4%) ed il Barbaresco 2010 di Gaja (+19,9%), mentre guardando a quelli presenti nel Liv-Ex 100 il migliore è il Brunello di Montalcino 2017 di Poggio di Sotto del Gruppo ColleMassari, a +1,3%.
Più in generale, in ogni caso, se puntare sul grande vino, fino a qualche mese fa, da molti, era segnalato come un “investimento sicuro” (ma chi investe per mestiere sa che investimenti sicuri al 100% non ne esistono), lo scenario, dopo tanta euforia, sembra decisamente mutato, con gli indici del Liv-Ex che restano tutti in positivo solo se si guarda ad un orizzonte a 5 anni (con l’Italia 100, in questo caso, a +33,7%, secondo, per crescita, solo allo Champagne 50, che ha fatto +53%). E i titoli del passato che dicevano “il vino meglio dell’oro e della borsa”, sembrano un lontano ricordo, visto che paragonando l’andamento del Liv-Ex 100 alle quotazioni aure ed ai principali indici borsistici, in questo 2023, il confronto è impietoso. Visto che se il Liv-Ex 100, come detto, segna -13,2% da inizio 2023, l’oro è a +8,9%, il Nasdaq a +38,9%, e l’S&P 500 a +21%, per esempio. E vengono in mente le parole, pronunciate di recente, da Philippe Tapie, presidente della Commissione “Grands Crus” di Bordeaux Négoce, realtà che riunisce centinaia di negociant, che vendono 2/3 della produzione di vino di Bordeaux, e che, nel 2022, hanno mosso 354 milioni di bottiglie per un fatturato di 2,9 miliardi di euro, che guardando al futuro del sistema della “Place de Bordeaux”, che attraversa un periodo poco brillante, ha ribadito: “i grandi vini non sono solo prodotti speculativi e finanziari. Questi vini devono essere bevuti e condivisi dai nostri consumatori finali”.
Anche perchè, secondo le previsioni del Liv-Ex, il 2024 sembra ancora più cupo del 2023. “I cordoni della borsa sono molto più stretti sul 2022 e i venditori a corto di liquidità si ritrovano con un sacco di scorte acquistate a prezzi elevati che gli acquirenti non sono più disposti ad anticipare. Molti collezionisti sono diventati venditori netti come conseguenza dell’aumento dei costi di detenzione e conservazione del vino, e della sensazione che produttori stiano chiedendo troppo per le loro nuove uscite. La prospettiva di ricevere annate ad alto rendimento (e di alta qualità) dalla Borgogna, dalla Toscana, dalla California, da Bordeaux e dalla Champagne è bassa: c’è posto per grandi volumi di vini costosi nel mercato attuale? Nel 2024, il ruolo di campagne come Borgogna e Bordeaux En Primeur sarà più cruciale che mai, così come il prezzo dei vini rilasciati. Abbiamo raggiunto la classica impasse tipica dei mercati ribassisti: gli acquirenti non acquisteranno vini al loro attuale prezzo di mercato, i venditori sono reticenti ad abbassare i prezzi e ad assumersi perdite. Nel frattempo, le scorte si stanno accumulando nei magazzini e nelle cantine, e ce ne sono altre in arrivo. Fino a quando il contesto macroeconomico non migliorerà e i tassi di interesse non scenderanno, è necessario raggiungere un compromesso tra le due parti del mercato; la correzione dei prezzi in corso non è stata finora sufficiente a convincere gli acquirenti a tornare in gran numero. Ed i prezzi sembrano destinati a rimanere sotto pressione nel breve termine”, spiega il Liv-Ex.

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