Si sentiva la mancanza dell’ennesimo vino secco da uve rosse appassite? Direi di no, ma il Reboro - prodotto da sole 5 aziende della Valle dei Laghi in Trentino - è una felice eccezione. Scaturisce dalla tradizione del Vino Santo in un territorio dalle condizioni ideali per l’appassimento grazie all’Ora, la brezza che spira dal Lago di Garda. E poi perché il Rebo, incrocio tra Merlot e Teroldego ottenuto da Rebo Rigotti, genetista e agronomo trentino, è un “naturalizzato autoctono”. Il numero esiguo di bottiglie lo rende un vino raro e quindi prezioso come l’oro. Lo suggerisce il nome scelto dal manipolo di vignaioli della Valle dei Laghi che hanno condiviso questo progetto, consapevoli della buona attitudine delle uve Rebo alla disidratazione per periodi di 30-60 giorni, trovando la quadra per valorizzarle e aumentare la redditività aziendale. Tra loro, Alessandro Poli vignaiolo in Santa Massenza, dove oltre al Vino Santo è di casa la grappa, come testimonia la distilleria “Francesco” adiacente al fruttaio dove riposano le uve coltivate in bio dal 1998. Prima annata 2010, il Reboro dell’azienda Francesco Poli si caratterizza per la costanza qualitativa. Uve appassite, prolungata macerazione sulle bucce e lunga permanenza in botti di rovere ne fanno un vino strutturalmente “solido”, con la suadenza della frutta rossa matura e delle spezie contrapposta a un sorso secco, pieno e lungo.
(Clementina Palese)
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