
Il primo cipresso del Viale di Bolgheri, dove “alti e schietti, van da San Guido in duplice filar”, lo ha piantato il Conte Guido Alberto della Gherardesca che era considerato un paesaggista, ma, in realtà, la scelta fu motivata dal fatto che i bufali, raffigurati anche nei bellissimi quadri dei pittori toscani Macchiaioli, mangiavano tutte le altre piante, come pioppi e platani, ad eccezione dei cipressi. Si iniziò attorno ai primi anni Venti dell’Ottocento quando fu terminata la ricostruzione della Via Pisana, che allora si chiamava Via Regia, e furono create strade perpendicolari per collegarla con i borghi interni, tra cui lo Stradone di San Guido. Si iniziò proprio da San Guido alle Capanne, mentre l’ultima parte fino a Bolgheri fu terminata dagli altri Gherardesca nei primi anni del Novecento. Ma la cosa interessante è che Guido Alberto non fece soltanto un’opera straordinaria, resa immortale dal grande poeta Giosuè Carducci nella poesia “Davanti a San Guido”, ma è stato anche il precursore del successo dei vini di Bolgheri, perché, negli stessi anni, iniziò ad inviarne partite in tutta Europa. È questo solo uno dei mille racconti che Gaddo Della Gherardesca, discendente della nobile famiglia toscana (e del Conte Ugolino, protagonista del Canto n. 33 nell’“Inferno” della “Divina Commedia” di Dante) presente a Bolgheri da dodici secoli, rendendolo un luogo di agricoltura moderna prima e “culla” di grandi vini dopo - lo zio di Gaddo, Mario Incisa della Rocchetta, “inventore” del Sassicaia, e Niccolò Antinori, suo cognato, della storica famiglia del vino italiano che ha scritto la storia del territorio - erano ambedue sposati con una Della Gherardesca, ndr - ha ricordato a WineNews, e che, ora, nei panni di scrittore, ha deciso di raccogliere anche in un libro: “Al tempo di una volta. Tracce di una vita”, da oggi libreria.
Nel volume (Rizzoli Editore, ottobre 2025, pp. 208, prezzo di copertina 29,90 euro), Gaddo Della Gherardesca, imprenditore di successo attivo in diversi settori, dalla farmaceutica alla pubblicità, e che ha colmato anche l’assenza di un vino prodotto dalla sua storica famiglia (che è anche tra le voci dell’Enciclopedia Treccani), diventando vigneron in prima persona, racconta, con passione e introspezione, la sua vita segnata da un’eredità nobile e da un legame profondo con il Castello di famiglia a Castagneto Carducci. “Al tempo di una volta” è, infatti, un viaggio attraverso i ricordi della sua infanzia trascorsa tra Firenze e le colline toscane, un’epoca lontana in cui la famiglia Della Gherardesca viveva secondo tradizioni che oggi sembrano perdute. Con un linguaggio che sa di antico e al contempo affonda le radici nel dinamismo del presente, l’autore alterna introspezione e ironia, esplorando e condividendo la propria esistenza, vissuta intensamente grazie - e nonostante - un cognome importante. Il racconto è non solo un omaggio alle persone che ha incontrato lungo il cammino e alle occasioni che la vita gli ha offerto, ma anche un’intima riflessione di tutto ciò che il Castello di Castagneto racchiude tra le sue mura. L’autore rivive le tradizioni familiari, i valori tramandati di generazione in generazione e il senso di comunità che aleggiava attorno a questa storica residenza.
Un’opera che grazie all’estro del suo autore, che è stato presidente dell’Associazione delle Dimore Storiche in Italia e membro del suo Direttivo Europeo, ha presieduto la Fondazione Sipari in Abruzzo e ha fatto parte del Consiglio della Fondazione Strozzi a Firenze, ed attualmente presiede il Clubino, esclusivo circolo per gentiluomini a Milano, intreccia il passato e il presente, in cui il castello non è solo il luogo fisico, ma il simbolo di un mondo che, sebbene in parte scomparso, continua a vivere nella memoria. E in un calice di vino.
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