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Galateo di Natale, le 10 cose da fare e da non fare, secondo l’esperta Petra Carsetti 

Tovaglia stirata, sì al centrotavola, no ad arrivare in anticipo: ecco i consigli dell’autrice del libro “Galatime - Atto Secondo”

É ormai iniziato quel periodo dell’anno in cui si fa sempre più fitta l’agenda dei pranzi, delle cene e degli incontri convivali con familiari e amici: ma siamo sicuri di conoscere perfettamente le regole del galateo del Natale? A ricordarcele ci pensa Petra Carsetti, esperta di enogastronomia, docente di galateo e autrice - insieme al marito Carlo Cambi, giornalista e scrittore - del libro “Galatime - Atto Secondo”, in cui esplora il concetto di “exactitude”, ovvero l’attitudine e la precisione a tavola.
Il Natale è un momento di grande festa, in cui si celebra il rito dell’incontro che dovrebbe mettere tutti a proprio agio, facendoli sentire accolti con grande empatia: ecco quindi che preparare una tavola ben apparecchiata acquista un significato profondo e aiuta a far sentire ancor più speciale l’invitato.
Per questo la prima regola è utilizzare una tovaglia sempre sempre linda e stirata, senza macchie né tantomeno piegature, che devono essere tolte prima di porla sul tavolo o direttamente sopra, magari con un comodissimo ferro da stiro wireless. Il galateo vorrebbe che il colore della tovaglia fosse chiaro, ma, almeno a Natale, si può chiudere un occhio e utilizzare anche la fantasia. Il colore di tendenza di quest’anno è il verde, ma senza esagerare perché vale sempre il detto “less is more”. 
Non tutti sanno che il galateo è anche sostenibilità, ecco quindi che almeno a Natale e a Capodanno possiamo evitare di utilizzare piatti, posate e stoviglie di plastica o carta, compresa la famosa e sdoganata melamina. Rispolveriamo i servizi “buoni” della nonna e circondiamoci di bellezza, anche con delle eccellenze come le storiche porcellane Ginori.
Immancabili i brindisi per le feste: in questo caso il galateo si raccomanda di non battere i bicchieri (i rumori sono sempre fastidiosi) e di non dire “cin cin”, anche se, in quel momento di gioia, è un piccolo errore che può essere perdonato. Se ci pensiamo però, accompagnare il brindisi con un piccolo e sentito messaggio augurale sarà di certo più efficace e a volte più toccante di mille cin cin. Attenzione a non usare fiori troppo profumati per l’immancabile centrotavola, che potrebbero andare ad interferire con i sentori dei vini o delle pietanze.
Cautela va posta anche nell’uso delle candele, che sono un must durante le festività: non devono essere troppo alte e invadenti così da mortificare l’incontro degli sguardi, ma nemmeno troppo basse da toccarle incidentalmente quando si prende un bicchiere. Inoltre, il loro utilizzo è consentito solo dopo le 18, quando la luce del giorno comincia a perdersi completamente, e mai a mezzogiorno. 
A proposito di candele, si accendono sempre prima dell’arrivo degli ospiti, ma non si spengono mai prima che tutti siano andati via: spegnerle come segnale di congedo non è proprio elegante e farlo addirittura davanti agli ospiti che si attardano a fare serata è sempre un gesto che sembra cacciare via. Sempre apprezzata la puntualità dell’appuntamento, ma essere in anticipo è più sgarbato che essere in ritardo: i padroni di casa potrebbero, anche solo 15 minuti prima, essere in piena attività, e anticipare l’incontro creerebbe il caos. 
Se non volete presentarvi a mani vuote è bene concordare prima con chi ci ha invitato il vino o il dolce da portare, ma se così non fosse, non bisogna rimanerci male se poi i doni enogastronomici non vengono messi a tavola.
Di certo sarà stato studiato un menu apposito per essere armonico e apprezzabile per tutto l’incontro. Meglio allora prevedere di inviare la mattina stessa (o il giorno dopo) un omaggio, accompagnato da un biglietto di ringraziamento: il risultato sarà di certo più comodo per tutti. 
Una nota particolare va fatta per il tovagliolo: innanzitutto va sistemato a sinistra dopo le posate, e mai con esse sopra. Le forme strane non andrebbero proposte, non perché non siamo carine e simpatiche, ma semplicemente perché il tovagliolo (che va a contatto strettissimo con la bocca) andrebbe maneggiato il meno possibile, piegato a rettangolo o a triangolo con la bombatura verso il piatto. Decorarlo poi con paillettes, foglie di edera (che tra l’altro è tossica), brillantini o altro inficia l’utilizzabilità salubre del tovagliolo stesso.
Infine, la regola più importante è quella di apparecchiare con generosità un elemento fondamentale: l’empatia. “Senza questa - ci ricorda Petra Carsetti - potete aver fatto tutto benissimo, secondo le perfette regole di Monsignor Della Casa, ma avrete fallito con l’ideale dell’incontro: quello di essere felici con i vostri ospiti per tutto il tempo che risiederanno sotto il vostro tetto”.

Focus - “Galatime - Atto Secondo”, un libro che racconta la vita come palcoscenico d’eleganza
Il nuovo libro di Petra Carsetti, docente di galateo e già campionessa mondiale di apparecchiatura della tavola, con Carlo Cambi - saggista, giornalista e gastronomo - si aggiunge al successo del precedente “Galatime”, e parte dalla necessità di eliminare dalla tavola la volgarità di apparecchiature approssimative, di esaltare il valore delle pietanze con contenitori adatti, di restituire alla degustazione dei vini il tono “liturgico”, di avvolgere il piacere del cibo e la ritualità del convivio in una morbida sciarpa di cachemire e seta, per rendere carezzevole e caldo l’incontro. Insomma, di avere l’opportunità di trasformare la vita in un palcoscenico di eleganza.
Se si va al ristorante, se si riceve a casa, se si offre o si degusta un grande vino, se si apre la casa ad un pubblico incontro vi sono sì delle norme che rimandano al mai superato precetto di Monsignor Giovanni della Casa, ma servono degli aggiustamenti, per dare al galateo del ricevimento la compiutezza che sostanzia il concetto di  “exactitude”. Nel libro (Moretti Editore, 160 pp, 24 euro) - con le fotografie di Lido Vannucchi, la prefazione di Marco Bizzarri e la post-fazione di Roberto e Veruschka Wirth - alle parole si affianca il linguaggio delle immagini, che non è meramente descrittivo, ma iconico e al tempo stesso narrativo, come la scelta di soffermarsi sugli oggetti della tavola, sui bicchieri e sugli attori dell’azione gastronomica, dai cuochi a chi orchestra la sala.

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