Anche un grande imprenditore vitivinicolo va dove lo porta il cuore. “Guai - ammonisce con il consueto garbo Gianni Zonin - se ci facessimo guidare solo dalle ragioni del business. Il vino è anche, o soprattutto, passione e dunque i sentimenti sono una componente indispensabile per chi fa il nostro mestiere”. Ed in effetti aspetta il “battesimo” del suo Feudo Principi di Butera con un po’ d’emozione. “Ogni nuova azienda - ammette - per me è come un figlio, inevitabile dunque che ci sia una vena di trepidazione, in queste ore che precedono l’inaugurazione ufficiale del Feudo Principi di Butera”. L’appuntamento è per il 25 maggio in quello che fu l’antico tenimento dei primi Principi di Sicilia, un’incantevole collina adagiata tra il mare del canale di Sicilia e le montagne del Nisseno. “Un luogo ideale - commenta Gianni Zonin - per produrre grandi vini, ma anche l’immagine della bellezza e della fierezza della terra di Sicilia”.
Cavalier Zonin, le ragioni del cuore sono comprensibili guardando Butera nella sua incantevole bellezza, ma quelle economiche quali sono? Cosa l’ha convinta ad investire al Sud e segnatamente in Sicilia?
“Ci sono ragioni prettamente vitivinicole e più in generale ragioni economiche. Riguardo alle seconde posso dire che si sta assistendo ad una prepotente crescita dell’economia meridionale, e di quella siciliana in particolare, ora che si sono create le condizioni di un nuovo sviluppo di cui l’agricoltura di qualità è uno degli assi portanti. Era dunque tempo di venire ad investire in questa parte del Paese, che è e può essere uno dei motori della nuova espansione economica nazionale”.
Leggendo la storia di Butera, della città, viene da pensare che sempre la prosperità di queste zone è venuta dagli uomini del Nord. Lei si sente in qualche modo continuatore di quella storia?
“Non montiamoci la testa. Semmai è vero il contrario. Quando sono venuto qui è stata la storia di questi luoghi, il baglio che fu dei principi Branciforte, il paesaggio ad affascinarmi. E’ anche per questo che abbiamo dato corso ad un restauro importante e filologicamente rispettoso della storia delle strutture dell’azienda agricola. E’ semmai vero che gli imprenditori del Nord devono prendere consapevolezza delle opportunità che il Sud e la Sicilia offrono”.
Cavalier Zonin, e il luogo comune per cui è difficile operare al Sud?
“Appunto, si tratta di un luogo comune. Un ragionamento andrebbe fatto sul sistema Italia. Io che opero anche negli Usa conosco bene le differenze tra lavorare negli Stati Uniti e in Italia, ma il Sud oggi offre opportunità superiori rispetto al resto del Paese. Certo bisogna essere rispettosi di queste terre, di questa società che è pronta ad accogliere chi lavora per valorizzare il Meridione, e a riconoscere chi fa investimenti coerenti e porta lavoro. Devo dire che sono molto contento di avere fatto questa scelta. Ci vogliono sensibilità sia come vignaioli che come imprenditori, adeguate al necessario rispetto per queste terre e per le sue genti. Che però ripagano con una propensione altissima alla qualità”.
Una scelta però molto meditata …
“Il mestiere dell’imprenditore, e ancora di più dell’imprenditore vitivinicolo, è quello di ponderare bene le decisioni e poi di scegliere in un minuto. Io l’investimento a Butera l’ho deciso in un giorno, ma il lavoro preparatorio, l’osservazione delle compatibilità sono durati anni”.
Lei è il maggiore proprietario di vigna in Italia (1800 ettari) e il più importante vignaiolo del nostro paese, ritiene che investire al Sud sia una scelta o una scommessa?
“Né l’una, né l’altra: è un’occasione da non mancare. Volevo fare dei grandi vini rossi e per fare grandi vini rossi oggi bisogna investire in Sicilia ed in Puglia. Queste sono state le mie, le nostre opzioni che sono una conseguenza di una mission che ci siamo dati: produrre vini di assoluta qualità”.
Dunque, il Feudo Principi di Butera è la concretizzazione della svolta che lei ha dato alle aziende della famiglia Zonin, quella potente riconversione verso la qualità totale che ha attuato ripiantando i vigneti, migliorando i vini, cambiando le cantine?
“Sicuramente è così, ma è anche qualcosa in più. E’ la consapevolezza che per rispondere alla globalizzazione del mercato e alla internazionalizzazione del gusto bisogna puntare sulle nostre eccellenze. Sicilia e Puglia sono le terre della nuova eccellenza italiana, sono il vero Rinascimento della nostra vitivinicoltura”.
E’ per questo che punta sugli autoctoni?
“Facciamo un ragionamento complessivo: dal nuovo mondo del vino arrivano rossi tecnicamente molto buoni che si fondano su Cabernet Sauvignon, Syrah e Merlot, ma sono vini privi di terroir e di storia. La Sicilia ha terroir e storia e in più un corredo di vitigni autoctoni di eccezionali potenzialità. Per questo a Butera produrre Nero d’Avola è un felice “dovere”. E’ una scelta per stare sui mercati internazionali con un grande vino italiano. Ugualmente accadrà con i nostri tenimenti pugliesi. E’ indispensabile avere produzioni di altissima qualità ma anche peculiari, per battere la concorrenza mondiale. Dalla Sicilia siamo riusciti ad ottenere inoltre un Cabernet Sauvignon, un Merlot e tra qualche mese uscirà anche lo Chardonnay, che non sono affatto omologabili perché portano l’imprinting di un territorio eccezionale: quello della Sicilia, la migliore terra da vino del mondo. Che ha - secondo me - un prolungamento naturale nella Maremma toscana, dove noi siamo egualmente presenti e fortemente impegnati. La Maremma ha condizioni climatiche e ambientali - penso alla luce, alla vicinanza col mare, alla temperatura - molto vicine a quelle del Meridione e segnatamente di Sicilia e Puglia”.
Cavalier Zonin, ci dobbiamo dunque aspettare nuovi investimenti al Sud?
“La strategia che ho seguito in tutti questi anni è stata di espansione meditata. Prima abbiamo consolidato e qualificato le nostre produzioni in Veneto, in Friuli, in Piemonte e in Toscana, i terroir italiani di maggiore qualità ed immagine, poi abbiamo esplorato nuove opportunità. Negli anni ‘80 abbiamo lavorato in Oltrepò Pavese, e ancora ci lavoreremo, per qualificare vitigni autoctoni, come la Croatina, che danno vini tradizionali come la Bonarda, e per affermare un grande spumante metodo classico, come quello a base Pinot Nero che lì si produce. Negli anni ‘90 abbiamo avviato la fase di riqualificazione di tutti i nostri vigneti e di avvio della qualità totale. Nel nuovo secolo abbiamo messo solide radici al Sud, per essere protagonisti del nuovo Rinascimento del vino italiano. La presenza a Butera e in Puglia ha già richiesto importanti investimenti. Ora è qui che dobbiamo produrre un nuovo sforzo. Alla fine di questo percorso avremo 200 ettari vitati in Sicilia e 200 ettari vitati in Puglia. Mi pare che di lavoro ne abbiamo già abbastanza. Ci tengo però a sottolineare che ancora una volta abbiamo operato la scelta di avere nostre vigne, per poter controllare tutta la filiera della produzione e realizzare così l’obiettivo della qualità totale”.
Un po’ d’emozione, dunque, per il debutto in società del Feudo Principi di Butera?
“Sì, molta. Perché si tratta di essere all’altezza della storia e della nobiltà delle tradizioni di questa terra, esaltando al massimo le potenzialità che la Sicilia del vino offre a noi vignaioli. Per sottolineare questo legame con la Sicilia abbiamo pensato la cerimonia inaugurale del Feudo come una festa che esalti la sicilianità: la cultura, le tradizioni, le capacità della gente di Sicilia. Accanto all’emozione, c’è però la consapevolezza delle opportunità che si aprono con il Feudo Principi di Butera e la determinazione ad essere protagonisti, con i nostri vini di Sicilia, di un nuovo primato di qualità dell’enologia italiana”.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024