Dal mondo della pesca arriva un “allarme rosso”. Riguarda la situazione legata ai granchi blu, specie che divora soprattutto vongole e mitili, e che sta proliferando in maniera fortissima in Italia, e che è diventata in poco tempo un problema per le biodiversità ma anche economico. Come ha stimato per l’Ansa Fedagripesca-Confcooperative, “ammontano a 100.000 euro al giorno i costi per smaltire i granchi blu catturati dai pescatori per mettere in salvo le loro produzioni. A pagarlo sono gli operatori ittici di Emilia Romagna, Veneto e Toscana per tentare di debellare questi “cinghiali di mare” da stagni e lagune. Accade a Goro, Scardovari e Orbetello, il fronte caldo di questa emergenza destinata ad allargarsi”.
Le imprese di pesca soffrono questa situazione e chiedono con urgenza di “convocare un tavolo di lavoro identificando misure per fronteggiare una situazione che rischia di compromettere la biodiversità di intere aree e centinaia di imprese e cooperative” ha detto Paolo Tiozzo, vice presidente Fedagripesca-Confcooperative, nel chiedere di attivare un fondo per sostenere i costi di smaltimento. I danni sono evidenti: più del 50% le perdite della produzione di vongole e cozze, ricorda Fedagripesca, ma il granchio blu mangia anche il novellame, mettendo a rischio le vendite dei prossimi anni.
E le soluzioni per limitare il granchio blu? Si va dalla creazione di una vera e propria filiera, e quindi dalla pesca alla trasformazione in mangimi, fino al consumo nelle tavole dei ristoranti (sul web non mancano ricette e tutorial per cucinare questi granchi). Tra le ipotesi al vaglio anche una lotta biologica , adattando in mare quello che è stato fatto sulla terraferma nei frutteti con le vespe samurai per contrastare la cimice asiatica.
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