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L’INTERVISTA

Il cambiamento della critica, il valore della sostenibilità: a tu per tu con Joe Czerwinski

A WineNews, l’editor in Chief di “The Wine Advocate”, la più autorevole rivista di critica del vino al mondo, da “Matter of Taste” 2023, a Zurigo
CRITICA, JOE CZERWINSKI, THE WINE ADVOCATE, vino, Mondo
Joe Czerwinski, editor in chief “The Wine Advocate”

Il cambiamento del mondo della critica, con sempre più voci; il valore della sostenibilità, elevatissimo, ma che non è legato al giudizio sulla qualità del vino nel calice, la diversità dei vini del mondo, ed in particolare di Italia, Francia e Spagna, che hanno ognuno il loro valore, nel giusto contesto: sono alcuni degli spunti emersi a “Matter of Taste” 2023, nei giorni scorsi, a Zurigo, dove WineNews, oltre ai grandi vini di tutto il mondo e d’Italia (la “rappresentanza” più numerosa) ha incontrato tutto lo staff di “The Wine Advocate” (on line le video interviste a Joe Czerwinski, “editor in chief” della rivista, e all’Italian Editor, Monica Larner, e, nei prossimi giorni, seguiranno le altre), la più autorevole rivista di critica di vino al mondo, fondata da Robert Parker, che ha cambiato profondamente, se non inventato, la critica enologica ed il “100 point system”. E, con Joe Czerwinski, che, oltre ad essere editor in chief della rivista è critico di lungo corso, siamo partiti proprio da una riflessione sul mondo della critica del vino, e su come è cambiato negli anni (qui il video integrale).
“Assaggio vino a livello professionale da 25 anni, e da quando ho cominciato sono cambiate tante cose. Una di quelle che è cambiata di più è il numero di critici del vino, e di voci: ci sono bloggers, influencers, ci sono tante pubblicazioni, insomma, è un panorama diverso da quello che si aveva prima”. E, quindi, diventa fondamentale essere sempre più autorevole e conoscere a fondo i territori ed i vini. “La nostra prospettiva, come “The Wine Advocate” - precisa Joe Czerwinski - è quella di dare al consumatore il parere di un team di esperti. Non è come chiedere il parere ad un amico per strada: vieni da noi e avrai il parere di un esperto diverso per ogni regione del vino”.
A proposito di territorio, Czerwinski recensisce quelli della Napa Valley, che resta il punto di riferimento del vino di California e d’America. E che, nella visione comune, è ancora visto come un territorio “quasi omologato” su vini di grande potenza, e molto simili tra loro. Ma anche qui, come succede un po’ in tutto il mondo, in un trend generale, le cose stanno cambiando. “Nella Napa Valley c’è una concentrazione sul Cabernet Sauvignon, ma se ci spostiamo nella parte più calda del territorio, letteralmente a valle, abbiamo vini più potenti, con più corpo, mentre se ci spostiamo a quote più alte abbiamo vini sempre più eleganti. Insomma, anche la Napa Valley sta cambiando, e si dà più importanza ai vini che esprimono freschezza ed eleganza, rispetto a 5 o 10 anni fa”. Tra incendi e scarsità d’acqua, la Napa Valley e la California in generale sono loro malgrado dei simboli di come il cambiamento climatico stia impattando anche sul vino, e questo chiama in campo il tema sempre più importante, e molto ampio, della sostenibilità.
Che “The Wine Advocate” ha deciso di premiare, da qualche hanno, con il “Green Emblem”, destinato alle cantine che si distinguono per progetti di sostenibilità (e che fino ad oggi, per l’Italia, è andato a realtà Tasca d’Almerita, Salcheto e Alois Lageder, nella prima edizione, e poi ad Avignonesi, Chiara Boschis e Arianna Occhipinti, nella seconda). Ma viene da chiedersi se il giudizio, il rating sui vini sia legato al tema della sostenibilità, e la risposta di Czerwinski in questo senso è chiara: “abbiamo introdotto il “Green Emblem” due anni fa, per certificare e premiare le cantine che stanno facendo veri sforzi nella direzione della sostenibilità, una cosa che è importante per noi, perchè vogliamo che la terra sia un posto sempre migliore nel quale vivere. La sostenibilità è importante, ma avevamo bisogno di un parametro separato da quella che è la critica al vino, perché la nostra valutazione sul vino è basata unicamente su quello che c’è nel calice: equilibrio, longevità, intensità, complessità e così via. Poi magari queste doti del vino possono dipendere da come in vino viene prodotto, ma per noi è importante mantenere separato il giudizio sul vino da quello sulla sostenibilità. È vero che molti buoni vini sono prodotti da cantine che hanno ricevuto il “Green Emblem”, e forse la sostenibilità del lavoro in vigna e in cantina ci entra qualcosa, o forse no. Insomma, qualità del vino e sostenibilità sono due cose che possono andare a braccetto, ma non necessariamente”.
“The Wine Advocate”, come è noto, oggi di proprietà del gruppo Michelin, che è editore anche della più famosa guida ai ristoranti al mondo. E che è stato capace di mettere insieme le testate di critica di vino e di ristorazione più autorevoli e rispettate. Che, però, sono ancora del tutto autonome nel loro lavoro, che è diverso. “Sicuramente abbiamo una condivisione di valori, la Guida Michelin ha la “stella verde” per esempio, mentre abbiamo il “green emblem”. Ma ognuno di noi lavora indipendentemente, secondo i propri canoni ed i propri metodi per poter meglio sviluppare i nostri rispettivi focus e progetti”.
Guardando al vino, Francia e Italia, senza dubbio, sono i due Paesi che dominano la scena vinicola mondiale. Ma ogni vino di ogni parte del mondo, ribatte Joe Czerwinski, ha la sua importanza: “per me ci sono molti vini interessanti da entrambi i Paesi, ma aggiungerei anche la Spagna e tutto il resto. I vini Italiani sono interessanti in alcuni contesti, quelli francesi in altri, e quelli spagnoli in altri ancora, e così via. Ed è questo il bello dei vini. Puoi avere tanti diversi stili che variano in base all’origine, e possono essere tutti deliziosi, con il loro gusto, con la loro capacità di abbinarsi a cibi diversi ed ai diversi contesti conviviale”. Parola di Joe Czerwinski.

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