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LA CURIOSITÀ

Il fondo del mare come pavimento, le sue onde come “cantina”: i vini “subacquei” fanno tendenza

Da Bisson a Santa Maria La Palma, da Tenuta del Paguro allo Champagne Jamin, gli spunti di chi si è fatto pioniere di una nuova frontiera del vino
Italia
Il fondo del mare come pavimento, le onde per “cantina”: i vini “subacquei” fanno tendenza

Il fondo del mare come pavimento, le sue onde come “cantina”, temperatura costante, assenza di luce ed una pressione che è completamente diversa, ovviamente, rispetto alla superficie. Circostante comuni alle diverse esperienze di affinamento del vino sott’acqua, una delle tante curiosità del mondo enoico, che stanno diventando piccola tendenza. Tra una indiscutibile suggestione comunicativa, ma anche caratteristiche diverse, nel naso e nel calice, dai vini affinati in condizioni “normali”. Come hanno raccontato, a WineNews, i protagonisti di questo percorso eno-marino, da Piero Lugano, “pioniere” del genere con gli spumanti Abissi della cantina ligure Bisson, a Mario Peretto di Cantina Santa Maria La Palma, che sotto al mare affina il Vermentino, in Sardegna, da Gianluca Grilli Tenuta del Paguro (Ravenna), che sperimenta con Sangiovese ed Albana, ad Emanuele Kottakis, che con Jamin affina Champagne nelle acque di Portofino.
“Il fondo del mare è l’ambiente perfetto - spiega Piero Lugano di Bisson - per uno spumante che vuole invecchiare per molti molti anni. L’equilibrio di uno spumante vive di freschezza, complessità, capacità di esprimere sensazioni uniche. A certe profondità non esiste l’osmosi, che invece avviene in cantina, e uno spumante che affina in fondo al mare ha tante cose da dire, sia a livello di emozione che di gusto”.
“Il nostro è nato come un esperimento - dice Mario Peretto di Santa Maria La Palma - con il Parco di Porto Conte, abbiamo creato un sistema territoriale. Le bottiglie poste a 40 metri di profondità sembrano subire dei miglioramenti che stiamo studiando con il mondo dell’Università e della ricerca. Sono spumanti diversi da quelli “di terra”. Noi ogni anno a metà luglio facciamo l’“Akenta day”, dove facciamo degustare quello affinato in mare e quello in cantina, e le differenze si sentono”.
“L’affinamento sotto al mare - sottolinea Emanuele Kottakis di Jamin - cambia completamente la struttura del vino originario, l’isopressione che avviene a 52 metri - e per questo il nostro Champagne si chiama - 52 Underwater - per esempio, permette al Pinot Nero di esprimersi sugli aromi terziari, e il perlage, con il brevetto da noi depositato, raggiunge una finezza più fine che con il metodo tradizionale”.
“C’è un fascino tutto diverso, e soprattutto la differenza di pressione, oltre alla temperatura costante, all’assenza di luce e il continuo movimento delle correnti marine, che cullano il vino e le sue molecole, mantenendole più longeve”, aggiunge Gianluca Grilli della Tenuta del Paguro.
Una nuova frontiera del vino che si è aperta, da tenere d’occhio nel prossimo futuro.

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