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Il futuro del vino italiano passa per la Via della Seta, la rotta commerciale aperta da Marco Polo e che oggi ripercorre al contrario Robert Yang, fondatore della catena di wine shop 1919 e protagonista ad OperaWine, l’anteprima di Vinitaly

Inizia da OperaWine l’edizione n. 51 di Vinitaly, di scena da domani al 12 aprile a Verona, ma che ha nella degustazione firmata dal magazine Usa Wine Spectator non solo un’anteprima d’eccezione, ma anche un momento di respiro internazionale in cui mettere in fila le idee e le prospettive, a partire dalla centralità della Cina e della Via della Seta, fil rouge di OperaWine e non solo. “Il vino è un nostro patrimonio culturale, la massima espressione dei nostri territori - dice dall’anteprima di Vinitaly il presidente di Veronafiere Maurizio Danese - che dobbiamo accompagnare nel loro percorso di crescita a partire proprio da qui, perché Vinitaly, come ha ricordato il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, è un fondamentale momento di ascolto e di riflessione sul futuro. Che passa inevitabilmente per l’Oriente, un mercato che presidiamo già dal 1998. La Cina - continua Danese - ha grande interesse per il nostro vino, ed in un periodo in cui si parla con sempre maggiore insistenza di protezionismo, noi guardiamo al passato, pensando proprio alla Via della Seta, la rotta commerciale aperta da Marco Polo. Che noi, adesso, vogliamo far diventare anche una via culturale e 4.0: penso in questo senso al lavoro della Vinitaly Accademy, ma anche agli accordi firmati con Alibaba e la presenza di 1919, oltre che con il Gruppo Cofcom senza dimenticare il progetto Italian Wine Channel, che non può prescindere dall’orizzonte europeo, specie nell’anno del 60esimo anniversario degli Accordi di Roma, che celebreremo con il Commissario all’Agricoltura dell’Unione Europea Phil Hogan”.

Se dalla Via della Seta, un anno fa, arrivò Jack Ma, il fondatore di Alibaba, il più grande portale di e-commerce del mondo, stavolta è Robert Yang a rubare la scena: a capo di 1919, il più grande rivenditore di vino del Dragone, sfrutta entrambi i canali, sia online che offline, “grazie ad una rete di 1.000 negozi in 600 città del Paese - racconta Yang - che diventeranno molti di più entro il 2019 perché nei prossimi mesi apriremo centinaia di nuovi negozi. Che gestiremo direttamente, ed in cui trovare tutti i brand del nostro catalogo. Il vino italiano - ricorda il ceo di 1919 a WineNews - vale ancora il 5% del mercato, esattamente come l’Australia cinque anni fa, che oggi però ha visto crescere la sua fetta fino al 30%. È il miglior momento per farsi spazio sul mercato cinese, i consumi stanno crescendo, ed è davvero una chance enorme, che il vino italiano non può permettersi di perdere. I consumatori cinesi sono sempre più preparati ed interessati, ma la concorrenza è tanta, e chi è davanti (Francia, Australia, Cile, Nuova Zelanda, Spagna) fa politiche promozionali più invasive e massicce delle vostre. Speriamo di poter dare il nostro contributo al vino italiano, se diamo un impulso importante noi, tanti altri distributori ci seguiranno”.

E se la Cina è il futuro, il presente del vino italiano è ancora saldamente legato al mercato Usa, ormai maturo “e capace di apprezzarne le diverse espressioni di un’enorme qualità”, raccontano i senior editor di Wine Spectator, Bruce Sanderson e Alison Napjus. “Assaggiamo e recensiamo 20.000 vini ogni anno, di cui migliaia sono ovviamente italiani - continua Alison Napjus - e ormai sappiamo che i produttori italiani hanno un grandissimo talento, ed una grande capacità di lavorare rispettando i propri territori”. Un presente sereno, ed un futuro di cui non aver paura, nonostante le spinte protezionistiche che arrivano dall’amministrazione Trump: “la mia filosofia - dice a WineNews Thomas Matthews, executive editor di Wine Spectator - è che il buon vino rende buoni amici, quindi l’industria del vino non soffrirà i cambiamenti politici, l’Italia è al primo posto nelle importazioni negli stati uniti da molti anni e continuerà ad esserlo. Magari con prodotti diversi, oggi stiamo assistendo al successo delle bollicine del Prosecco, che potrebbero aprire la strada alle altre, dal Franciacorta al Trentodoc.Tendenza che, comunque, non intacca il mercato dei grandi vini rossi, specie di fronte ad annate come la 2012 del Brunello e la 2013 del Barolo”.

Info: www.vinitaly.com- www.operawine.it

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