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TRANSIZIONE VERDE

Il gap di competenze digitali frena la svolta ecologico-energetica dell’agroalimentare italiano

Indagine Nomisma in un convegno, a Verona, con Philip Morris Italia: 1 impresa su 4, lamenta la mancanza di formazione specifica del “capitale umano”

In un contesto in cui agricoltura e industria alimentare valgono 77 miliardi di euro di valore aggiunto e un export che nel 2023 ha superato i 64 miliardi di euro (comprensivo dei prodotti a base di tabacco) le sfide della transizione ecologica ed energetica a cui le imprese del Belpaese sono chiamate non possono prescindere dallo sviluppo dell’innovazione, in particolare digitale. Sfide, queste, che richiedono un continuo aggiornamento delle competenze e delle professionalità in grado di gestire il percorso di transizione. Attraverso un’indagine originale sulle imprese agricole e alimentari italiane, Nomisma ha approfondito questi aspetti, presentandola, oggi a Verona, nel convegno organizzato in collaborazione con Philip Morris Italia “Le competenze per la transizione ecologica ed energetica nelle imprese agroalimentari italiane: stato dell’arte e fabbisogni”.
Rispetto agli obiettivi di produzione di energie rinnovabili e digitalizzazione dell’economia e della società, l’Italia evidenzia valori sotto la media rispetto agli altri Paesi Ue. In particolare, se si guarda al Digital Economy and Society Index (Desi), l’Italia sconta un ritardo soprattutto nella componente del “capitale umano”, ovvero nelle competenze digitali delle persone. Ed è proprio il gap nelle competenze uno dei principali punti di miglioramento propedeutici alla diffusione in Italia delle innovazioni tecnologiche nelle imprese agricole ed alimentari. Se infatti nel corso degli ultimi anni, il 71% delle imprese agroalimentari intervistate ha già effettuato investimenti per la transizione eco-energetica, 1 azienda su 4 lamenta la mancanza di competenze specifiche e la necessità di formazione come i principali vincoli ad una maggior diffusione di tali innovazioni. Un gap che emerge chiaramente dalla consapevolezza delle aziende sulla preparazione professionale dei propri addetti: il 44% del campione intervistato, infatti, ritiene molto importante la formazione, percentuale che sale al 59% nel caso delle aziende tabacchicole. E in effetti, già oggi 1 impresa su 2 investe nella formazione dei propri addetti (oltre a quella obbligatoria prevista per legge), mentre un ulteriore 30% ha già pianificato attività in tal senso nei prossimi 2/3 anni, percentuale che sale ancora (al 44%) nel caso delle aziende tabacchicole, a testimonianza dell’efficacia dell’accordo di filiera nel comparto.
Le competenze necessarie alla transizione eco-energetica più richieste dalle imprese risultano, per il 48% delle aziende intervistate, quelle legate alla gestione sostenibile delle risorse e all’ottimizzazione dei processi produttivi, mentre un altro 33% segnala la capacità di utilizzare software per la gestione sostenibile dell’azienda ed un 28% individua le competenze biologiche e chimiche legate alla produzione sostenibile, ma la vera sfida resta riuscire a trovare risorse umane competenti: solo 1 azienda su 10 non ritiene importante disporre di competenze nel percorso verso la transizione eco-energetica. Ma, al di là dell’attuale dotazione di risorse umane in grado di sostenere la sfida della transizione eco-energetica, che soddisfa pienamente solo il 30% delle aziende intervistate, resta nel tessuto imprenditoriale agroalimentare italiano un gap di competenze da colmare che, nel caso del comparto tabacchicolo, trova un importante contributo alla sua riduzione nell’accordo di filiera in cui la formazione è parte integrante delle attività e dei servizi collegati a tale strumento.
La presentazione dell’indagine, affidata al responsabile Agroalimentare Nomisma, Denis Pantini, e moderata da Paolo De Castro, presidente Comitato Scientifico Nomisma, condotta su un campione ragionato di imprese agricole ed alimentari, ha rilevato sia gli investimenti realizzati dalle imprese e funzionali alla transizione eco-energetica, sia lo stato dell’arte sulle competenze necessarie alla transizione, come è stato illustrato ai diversi stakeholder del settore in platea, da Roberto Mancini, Ceo Diagram, ad Angelo Frascarelli, professore all’Università degli Studi di Perugia ed al Centro per lo Sviluppo Agricolo e Rurale, da Alberto Mantovanelli, presidente dell’Organizzazione Produttori Italiani Tabacco, a Cesare Trippella, Head of Leaf Eu Philip Morris Italia, nonché di rappresentanti istituzionali del Parlamento Europeo, da Sergio Berlato a Paolo Borchia, da Herbert Dorfmann a Dario Nardella, con Luca De Carlo, presidente Commissione Agricoltura del Senato. “Chi pensa che l’agricoltura sia ancora quella di cento anni fa commette un errore gravissimo: oggi l’innovazione è fondamentale - ha detto De Carlo - per mantenere ad altissimi livelli la qualità della nostra agricoltura, la formazione degli addetti è indispensabile: la filiera diventa quindi lo strumento cardine che permette da un lato di lavorare su economie di scala e ottenere così prezzi migliori e, dall’altro, di aumentare le conoscenze delle imprese e dei lavoratori, attraverso lo studio e l’introduzione di innovazioni che permettano di produrre di più e meglio”. Una visione innovativa di filiera richiede un approccio fortemente orientato allo sviluppo di nuove competenze che favoriscano l’impegno per le transizioni, la continuità generazionale all’interno delle aziende agricole e modelli innovativi a supporto dell’efficienza in agricoltura, ricordando che “se per vincere la doppia sfida della transizione ecologica ed energetica il digitale può rappresentare uno strumento importante - ha concluso De Castro - competenze e formazione si configurano come due leve strategiche altrettanto necessarie alle imprese agricole ed alimentari per governare piuttosto che subire questa transizione, restando così al passo degli enormi cambiamenti che stanno interessando la filiera agroalimentare”.

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