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NOVITÀ

Il Gruppo Armani apre il suo primo ristorante in Cina: cucina italiana e atmosfere retrò

Lo stilista ha raggiunto quota 24 locali nel mondo, mentre la ristorazione continua ad attirare gli investimenti del mondo fashion

Da oggi anche in Cina si potrà provare l’esperienza di una cena firmata dallo stilista italiano più famoso al mondo: il Gruppo Armani apre il suo primo ristorante a Pechino, il n. 24 nel mondo. Il nuovo Armani/Caffè si trova all’interno del China World Shopping Mall, dove la griffe è già presente con una boutique, connessa al ristorante da un ascensore interno. Raffinatissimo, caratterizzato da uno stile che unisce il design contemporaneo al glamour retrò, è arredato con lampade e mobili della collezione Armani/Casa, e può accogliere fino a 110 ospiti nelle sue due sale interne, di cui una dall’atmosfera più intima, e altri 40 su un’ampia terrazza esterna. Il menu ruota intorno alla cucina italiana più classica, a cui si aggiungono influenze internazionali. La ristorazione si conferma dunque una delle frontiere più interessanti per il mondo fashion, che investe in locali che rispecchiano, dagli arredamenti fino al cibo, l’identità stilistica dei brand.
Disegnato da Giorgio Armani insieme al suo team di architetti, il nuovo Armani/Caffè in Cina ha pareti a specchio che evocano l'atmosfera degli anni ’30 e ’40 del Novecento, arredi dalle linee morbide e carta da parati azzurra e oro, decorata con il ricorrente motivo della palma. Oltre all’enorme bancone bar, in cui sedersi per bere un cocktail, c’è una enorme cantina a vista con bottiglie pregiate da tutto il mondo.
Giorgio Armani è stato uno dei pionieri della moda ad investire nel comparto: nel 1998 ha aperto il suo primo ristorante a Parigi, seguito nel 2000 da Armani Nobu a Milano, in partnership con la firma mondiale del sushi. Più giovane e informale il format dell’Emporio Armani Ristorante & Caffè, a cui si affianca l’elegante Armani Ristorante, tutti racchiusi all'interno del raffinato Armani Hotel Milano, in via Manzoni. Oggi lo stilista italiano vanta una rete di 24 locali nel mondo (incluso l’ultimo nato a Pechino), da Tokyo a Dubai, da Doha a Cannes, da Tokyo a Monaco, da Mumbai a New York.
E non si contano i grandi marchi del fashion, italiani ed internazionali, che hanno investito nella ristorazione, nuova frontiera del lusso: da Prada a Trussardi, da Dolce & Gabbana a Dsquared, passando per Ralph Lauren, Versace, Bulgari, Gucci, Tommy Hilfiger, Dior, Louis Vuitton e Chanel, la lista è lunga. Una strategia di diversificazione del mondo della moda che fa l’occhiolino all’inarrestabile hype che ruota attorno alla gastronomia, e che consente a fashion addicted, foodies ma anche semplici curiosi di godere di una full immersion in un ambiente in cui ogni dettaglio corrisponde all’estetica della griffe, dove il marchio non è solo sinonimo di shopping, ma anche di sapori ricercati, presentazioni curatissime, ambientazioni suggestive, luoghi d’incontro e soprattutto esperienze. Che vengono poi condivise e amplificate sui social, una cassa di risonanza internazionale che, tra Instagram e TikTok, vede rimbalzare piatti e selfie, per una promozione del brand praticamente a costo zero.

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