Torte, gelato, cioccolato e pasticcini, ma anche pandori, panettoni e specialità regionali: gli italiani li fanno meglio. Mai così tanti dolci made in Italy sulle tavole mondiali, con le esportazioni che fanno segnare il record storico nel 2023, per un valore di 9,2 miliardi di euro ed un incremento del 9%. Emerge da una proiezione Coldiretti, su dati Istat per Sigep, il Salone internazionale di gelateria, pasticceria, panificazione artigianale e caffè, edizione n. 45, il principale appuntamento fieristico del settore, a Rimini, da oggi al 24 gennaio. Tra i protagonisti principali del comparto ci sono pane, pizza & pasticceria: secondo l’indagine di Aibi - Associazione Italiana Bakery Ingredients - in Italia ci sono 46.818 imprese attive nella produzione e nel commercio e, nel 2023, il valore dell’intero comparto è stato di 13,4 miliardi di euro.
Nonostante l’aumento dei costi energetici e delle materie prime, l’arte dolciaria italiana conquista i mercati esteri, spinta dalla voglia di qualità che la produzione tricolore garantisce. Il principale mercato è la vicina Francia, dove gli acquisti di dolci tricolori sono cresciuti del 9%, arrivando a rappresentare un settimo delle esportazioni totali, seguita a poca distanza dalla Germania (+12%), mentre al terzo posto ci sono gli Stati Uniti dove le spedizioni restano sostanzialmente stabili (-2%). Ma gelati e dolci conquistano anche gli inglesi (+9%) e i cinesi (+6%), a testimonianza di un gradimento che non conosce confini. Un risultato che ha un impatto rilevante per tutta la filiera, poiché ad esempio, nei 39.000 punti vendita dove si vende gelato artigianale, si stima un utilizzo di 220.000 tonnellate di latte, 64.000 di zuccheri, 21.000 di frutta fresca e 29.000 di altre materie prime. Va, infatti, sottolineata nella preparazione del vero gelato l’importanza della qualità del latte e della frutta.
Si tratta del boom di un settore spinto dalla voglia di dolcezza, dopo i tempi difficili della pandemia, sul quale all’estero pesa però la concorrenza sleale di prodotti che utilizzano impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia, per alimenti taroccati che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale. Un successo che spinge il record storico per l’intero export agroalimentare made in Italy, che nel 2023 raggiunge il valore massimo di sempre, pari a 64 miliardi, con una crescita del 6% sullo scorso anno, secondo Coldiretti.
“Per sostenere il trend di crescita dell’enogastronomia nazionale serve ora agire sui ritardi strutturali dell’Italia e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra sud e nord del Paese, ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo - afferma il presidente Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare - l’importanza di cogliere l’opportunità del Pnrr per modernizzare la logistica nazionale, che ogni anno rappresenta per il nostro Paese un danno in termini di minor opportunità di export, ma è importante lavorare anche sull’internazionalizzazione per sostenere le imprese che vogliono conquistare nuovi mercati e rafforzare quelli consolidati, valorizzando il ruolo strategico dell’Ice con il sostegno delle ambasciate, anche nel contrasto all’Italian sounding. L’obiettivo è portare il valore annuale dell’export agroalimentare a 100 miliardi nel 2030”.
Le previsioni per il 2024 dell’Aibi sono positive: le imprese del commercio di pane, pizza e pasticceria prevedono una crescita media dei consumi pari all’1,6%. Proprio riguardo ai consumi, si registrano progressivi cambiamenti nelle tendenze degli italiani, sempre più alla ricerca di un prodotto di qualità: secondo l’indagine, il 54,4% chiede che il prodotto sia digeribile e il 31,2% lo preferisce di tipo salutistico, in risposta a intolleranze o a specifiche esigenze dietetiche o intolleranze.
Per il 66,4% dei consumatori è fondamentale la scelta degli ingredienti, anche per la pasticceria: le farine tradizionali prevalgono (sono scelte dal 66,6% degli artigiani intervistati), cresce l’impiego di quelle alternative come riso, soia e manitoba che, secondo le stime, nel 2024 potrebbero coprire più del 20% del mercato. Tra i grassi domina, invece, il burro, ma il 16% degli artigiani apprezza la nuova margarina, a base vegetale e ripensata per chi ha problemi dietetici o di intolleranze.
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