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IL VIN SANTO UN VINO CHE NON HA BISOGNO DELL’ENOLOGO PER DIVENTARE GRANDE. APERTI I CARATELLI DELL’ANNATA 2000 DI AVIGNONESI LEADER DI QUESTA TIPOLOGIA. “UNA TRADIZIONE DA MANTENERE A TUTTI I COSTI” PER VIRGINIE SAVERYS A CAPO DELLA GRIFFE POLIZIANA

C’è un vino che non ha bisogno dell’enologo per diventare grande: è il Vin Santo, il prodotto più tradizionale della Toscana enoica, dalle radici antiche e le cui tecniche di produzione sono una preziosa eredità. A Montepulciano, dove il Vin Santo è una vera e propria istituzione, Avignonesi ne rappresenta il riferimento assoluto (il Vin Santo e l’Occhio di Pernice sono ormai due must nel mondo). Oggi si sono aperti i caratelli dello storico marchio, sigillati nel 2001, con il mosto dell’annata 2000. Più che un evento una sorta di rito che ricongiunge il vino alle sue radici più antiche ed autentiche.
“Una tradizione da mantenere a tutti i costi quella del Vin Santo Avignonesi - spiega Virginie Saverys, alla guida dell’azienda dove sorge la “Vigna tonda”, un vigneto sperimentale, dalla particolare forma circolare noto in tutto il mondo - che deve molto a questa particolare tipologia”.
Le uve, Malvasia e Trebbiano per il Vin Santo, Sangiovese per l’Occhio di Pernice, dopo sei mesi di appassimento, sono pressate e il mosto messo in caratelli, le tradizionali botticelle da 50 litri. Questi non vengono riempiti completamente: ci vuole lo spazio perché il mosto si “muova” nella lentissima fermentazione, innescata dalla “madre”, una specie di sedimento, fatto da fermenti “abituati” ad un ambiente ricco di zucchero. Subito dopo, i caratelli sono sigillati con la ceralacca e non si toccano più per dieci anni. Dieci anni di pazienza, in cui l’uomo non interviene, fino a quando, a fine maggio, in luna calante, l’attesa, come d’incanto, si trasforma in un grande vino.
Ma accanto a questa antica tradizione l’azienda poliziana ha sempre guardato anche al futuro e, nel recente passato, questo futuro ha preso il nome di eco-sostenibilità, “ci stiamo muovendo nella direzione della coltivazione biologica dei nostri vigneti - spiega Saverys - e in qualche appezzamento stiamo già sperimentando anche la biodinamica. Una nuova sfida che, ne siamo certi, accrescerà ulteriormente la qualità dei nostri prodotti. Intanto abbiamo appena acquisito altri 15 ettari di vigneto, prevalentemente a Nobile di Montepulciano”.
L’azienda poliziana, fondata dalla famiglia Falvo, è stata acquisita nel 2009 dalla compagnia marittima, con sede ad Anversa Compagnie Maritime Belge NV, di cui Virginie Saverys è componente dello staff dirigenziale.

Il profilo - Avignonesi, un’importante realtà toscana, con proiezione mondiale
Avignonesi è composta da quattro unità produttive: Le Capezzine, I Poggetti, La Selva e La Lombarda, per 225 ettari complessivi, dei quali 109 sono a vigneto. La produzione attuale di Avignonesi è di 700.000 bottiglie all’anno. Il lavoro condotto da Avignonesi in ambito commerciale (anche con la creazione di “Classica”, una società di distribuzione di vini e liquori, con un punto vendita anche a Londra) e produttivo ha consentito alla prestigiosa cantina di Montepulciano di ottenere i più alti consensi in tutto il mondo: vini che identificano non solo il marchio Avignonesi, ma anche il territorio dal quale provengono. I vini di Avignonesi sono principalmente distribuiti negli Stati Uniti d’America, Italia, Germania e in oltre 37 Paesi del mondo, dei quali i principali sono Svizzera, Giappone, Belgio e Gran Bretagna.

Focus - Il “caso” del 50 & 50
Avignonesi di Montepulciano e Capannelle di Gaiole in Chianti sono le protagoniste, ormai da 21 anni, di una collaborazione enologica, ormai diventata storica, che ha generato un vino: il 50&50, questo il suo nome, è un rosso esclusivo, facente parte della grande famiglia dei “Supertuscan”, realizzato con il Sangiovese di Capannelle ed il Merlot di Avignonesi in parti uguali.

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