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IL “VINITALY WORLD TOUR” CHIUDE il 2009 IN GIAPPONE E IN COREA DEL SUD … OGGI A TOKYO E DOPO DOMANI, A SEOUL … IL FAMILY BUSINESS COME VEICOLO DI SUCCESSO PER I GRANDI VINI: SI ESPORTA, A TOKYO, IL MODELLO DELL’ENOLOGIA ITALIANA

La fine del Vinitaly World Tour è il Giappone e la Corea del Sud (mercato dove le previsioni di crescita per il consumo di vino sono considerate molto promettenti nel medio-lungo periodo), di scena oggi a Tokyo e dopo domani a Seoul, eventi (seminari, degustazioni, workshop commerciali dedicati ad importatori, distributori, ristoratori, albergatori, media di settore e life-style, high & consumer e opinion leader, nel New Otani Hotel a Tokyo e nel Grand Hyatt Hotel a Seoul) realizzati in collaborazione tra Veronafiere, Buonitalia Spa, Ice.
Un format, quello ideato da Veronafiere, Buonitalia Spa e Ice, che, nella programmazione delle attività 2010, si arricchirà con la realizzazione di educational tour nei luoghi di produzione delle nostre eccellenze alimentari e vinicole. Gli educational, rivolti agli operatori del settore con particolare riguardo alla categoria dei sommelier, serviranno a far conoscere più approfonditamente le caratteristiche delle produzioni a denominazione made in Italy strettamente legate al loro territorio di origine.
Il Giappone è senza dubbio il mercato più stabile per le importazioni di vino in Asia: qui si consuma il 30% di tutto il vino bevuto in Asia, ma ben il 60% del vino d’importazione. La liberalizzazione della concessione delle licenze per la vendita al dettaglio di alcolici, istituita nel 2006, ha recentemente favorito ed incentivato l’apertura di numerosi negozi che commercializzano vino, dando nuovo impulso al settore in un mercato importante caratterizzato per alcuni anni da una scarsa dinamicità.Dopo un periodo di relativa stabilità, il recente rapporto condotto da Iwsr (International Wine & Spirit Record) prevede che il consumo di vino aumenterà del 7% per arrivare a un volume di 335 milioni di bottiglie entro il 2011. Anche per i vini spumanti le previsioni parlano di un mercato di quasi 35 milioni di bottiglie entro il 2011 (un aumento del 117% sui valori registrati nel 2002).
I coreani, come i giapponesi, sono molto attenti alla qualità. I vini d’importazione di alta qualità hanno infatti aiutato ad aumentare il profilo e l’appeal di questo prodotto. Dal 2003 il mercato del vino in Corea è cresciuto annualmente del 30%. Oggi è il quinto paese consumatore di vino in Asia, ma si prevede che entro i prossimi cinque anni salirà al terzo posto, alle spalle solamente di Cina e Giappone. I consumatori coreani sono molto attenti, giovani e qualificati e lasciano ben sperare per gli anni a venire.

Focus - Il family business come veicolo di successo per i grandi vini: si esporta, a Tokyo, il modello dell’enologia italiana
Il modello italiano fa scuola: il family business come veicolo di successo per i vini italiani diventa una case history di studio in Giappone. In questi giorni all’ambasciata italiana a Tokyo l’Istituto del vino italiano di qualità Grandi Marchi (www.istitutograndimarchi.it) e l’Ice presenteranno alla stampa economico-finanziaria nipponica e agli operatori del trade il modello caratterizzante il wine business italiano: famiglia e territorio.
Un fenomeno imprenditoriale tutto made in italy, quello del wine family business che, identificando la famiglia come attore strategico del brand e delle specificità produttive del territorio, si rivela motore di spinta per il posizionamento del vino italiano sui mercati internazionali emergenti, come il Giappone.
E proprio il Sol Levante si conferma, nell’anno della crisi globale, uno dei mercati più strategici per il vino italiano. A dirlo non soltanto i numeri dell’export che, nei primi 6 mesi 2009, ha raggiunto i 9 milioni di ettolitri (+13% su primo semestre 2008 - dati studio Calwine settembre 2009), ma soprattutto l’inarrestabile cambiamento sociale filo-occidentale dei giapponesi, sempre più inclini ad assorbire le tradizioni della cultura enogastronomica italiana.
“Nelle enoteche di Tokyo, oltre al vino, ci sono scaffali pieni di riviste specializzate - osserva Piero Mastroberardino dell’Istituto del vino italiano di qualità Grandi Marchi a Tokyo - e non c’è consumatore che non si fermi a sfogliarle. Si tratta di un segnale che dimostra una vivacità culturale potenziale per il vino italiano in Giappone - conclude Mastroberardino - che rimane uno dei più importanti sbocchi mondiali dopo gli Stati Uniti”. A trainare il consumo del nostro vino in Giappone, l’esplosione di cibi e ristoranti italiani soprattutto nella capitale, dove risiede solo il 30% dei giapponesi ma si beve il 70% del vino italiano. A consumarlo, soprattutto, le donne e le nuove generazioni under 30 che prediligono i vini rossi (60% dei consumi).
Il tour dell’Istituto del vino italiano di qualità Grandi Marchi, che conta al proprio interno la massima qualità dell’enologia nazionale (Biondi Santi, Michele Chiarlo, Ambrogio e Giovanni Folonari, Pio Cesare, Tenuta San Guido, Ca’ del Bosco, Umani Ronchi, Carpenè Malvolti, Lungarotti, Masi, Mastroberardino, Alois Lageder, Rivera, Jermann, Donnafugata, Marchesi Antinori, Tasca d’Almerita), per un fatturato di oltre 500 milioni di euro l’anno, si unirà a quello del Vinitaly World Tour che, dopo Tokyo, farà tappa a Seoul.

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