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IL VINO ITALIANO ACCUSA LA CRISI: NEL BIMESTRE 2009, IN USA -17,5% IN QUANTITA E -19,2% IN VALORE. TENGONO GLI SPUMANTI. CAMBIA IL CONSUMO DI VINO NEGLI STATES, MENO AL RISTORANTE, DI PIÙ A CASA. E LA GRANDE DISTRIBUZIONE COGLIE L’OCCASIONE ...

Italia
Jacopo Biondi Santi e Lucio Caputo

Il vino italiano accusa i colpi della crisi nei primi 2 mesi del 2009 sul mercato degli Stati Uniti: -17,5% in quantità e -19,2% in valore sul periodo gennaio-febbraio del 2008, con 288.360 ettolitri per 138,86 milioni di dollari. Sono i dati dell’Italian Wine & Food Istitute di New York, guidato dal presidente Lucio Caputo e dal chairman Jacopo Biondi Santi.
L’import vinicolo americano, in generale, nel periodo in esame, ha segnato un +0,8% in quantità e un -20,4% in valore: una differenza sensibile nei due parametri, dovuta alla crescita delle importazioni di vini da altri Paesi, che hanno visto un vero e proprio crollo dei prezzi, Australia in testa (+30,8% in quantità, -20,4% in valore). Anche il grande competitor mondiale dell’Italia enoica perde terreno: la Francia ha registrato il -7,9% in quantità, e addirittura il -30,4% in valore. Tengono invece le bollicine del Bel Paese, +0,8% in quantità e +1,5% in valore, a fronte di un crollo generale per i vini mossi negli Usa (-18,5% in quantità e -37,1% in valore).
Ma Oltreoceano emergono anche di cambiamenti negli stili di consumo di vino da parte degli americani: si consuma meno vino al ristorante e sempre più, ogni giorno, tra la mura domestiche. Una lettura dello stato di salute del nettare di Bacco sulle tavole degli Stati uniti, resa possibile da diversi elementi.
Secondo l’annuale indagine della rivista “Wine & Spirits”, sulla vendita di vino nei ristoranti degli States, infatti, il 38% degli intervistati ha dichiarato una flessione nel 2008, mentre per il 62% le vendite sono stabili o in lieve aumento. I vini italiani sono i più richiesti al tavolo tra quelli importanti, con il 17%, in un mercato che rimane di dominio americano, con il 54% dei vini ordinati, anche se in flessione del 2% sul 2007, e del 12% sul 2001, confermando un trend comunque negativo per le etichette a stelle e strisce. Il Pinot Noir è la tipologia più richiesta, seguita a ruota dal Cabernet Sauvignon. L’indagine ha messo in risalto anche la “Top 50” delle marche di vino più richieste, che vede al primo posto la Sonoma-Cutrer Vineyard. Tra gli italiani, spiccano Santa Margherita, dodicesima, e Ruffino, diciottesima. E se da un lato diminuiscono le vendite nei ristoranti, anche negli States il luogo di elezione del nettare di Bacco è ormai tra le mura domestiche: secondo un’analisi del Wine Market Council, il 64% dei consumatori beve vino a casa abbinandolo a piatti gia’ preparati acquistati in ristoranti e negozi specializzati. A bere quotidianamente è solo il 10,5% della popolazione adulta, che assorbe pero l’82% dell’intero mercato enoico degli Stati Uniti.
E per intercettare questa tendenza si muovono anche le catene della distribuzione al dettaglio: il colosso Walgreen sta considerando un possibile rientro nella commercializzazione di vini e liquori nei propri centri di vendita, dislocati in quasi tutto il Paese. L’azienda americana aveva smesso oltre dieci anni fa il commercio degli alcolici, dal quale derivava il 12% del proprio fatturato.

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