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IL VINO SIMBOLO DI PACE, AL FRONTE NON C’E’ SPAZIO PER IL NETTARE DI BACCO, PROTAGONISTA DEL CONVIVIO E DELLA RIFLESSIONE. A TU PER TU CON TONI CAPUOZZO, L’INVIATO DI GUERRA PIU’ FAMOSO DEL PICCOLO SCHERMO E GRANDE AMANTE DEL VINO

“Durante i conflitti, vicino al campo di battaglia, ho visto sempre abbondare i superalcolici, che di per sé non hanno nulla di sbagliato, e in quelle situazioni aiutano a farsi forza”. Di vino, in guerra, non ne scorre una goccia. Molti dei conflitti che Toni Capuozzo, l’inviato di guerra più famoso del piccolo schermo, ha avuto la sfortuna di raccontare hanno riguardato Paesi arabi, ma dove bere era consentito, come nella ex-Jugoslavia, “i militari non bevevano certo vino, simbolo di convivialità, di riflessione, di gioia. In guerra non è così, si è da soli, e il superalcolico ha un’accezione decisamente solitaria, come ci insegna ad esempio il cinema”. Il vino come simbolo di pace quindi, o, al limite “di guerra delle parole, quella che si scatena magari in osteria, ma sempre in un contesto ironico, pacifico. Il vino infatti porta con sé una gestualità tale, già dal momento in cui si stappa la bottiglia, che aiuta la meditazione e lo stare insieme, e se uno medita bene, non fa le guerre”. Ma per il vice direttore del Tg5, il vino è anche una grande passione, “perché nascendo in Friuli Venezia Giulia il vino si scopre da subito, ed è un mondo estremamente complesso: fare vino non è come avere una piantagione di alberi da frutto, ci vuole una gran quantità di conoscenze tecniche, per questo ammiro molto chi lo fa”.

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