L’immagine, pittoresca, della famiglia numerosa che arriva in spiaggia, armata di sedie e tavolino da campeggio, che sotto il sole cocente tira fuori un pranzo degno di Natale, con tanto di parmigiana, carne e contorni, è ormai solo un vago ricordo dell’estate italiana: a vincere, in spiaggia, è l’insalata di riso, regina dei pranzi sotto l’ombrellone, seguita da macedonia e caprese. A dirlo, un’indagine di Coldiretti e Ixè, che svela come, nonostante i divieti e i servizi offerti negli stabilimenti balneari, il pranzo al sacco resista tra le abitudini degli italiani in vacanza in spiaggia, anche se “i gusti” cambiano, e non poco: il 28% infatti, preferisce tenersi leggero, con insalate di riso, di pollo o di mare, contro solo il 6% che, fedele alla tradizione, sceglie le lasagne. Anche il secondo posto è occupato da qualcosa di leggero, la semplice macedonia, scelta dal 20% degli intervistati, e dalla caprese a base di mozzarella e pomodoro che è un must per il 18%. Ma tra i piatti preferiti, sottolinea la Coldiretti, resistono anche le ricette più radicate della tradizione popolare, come la frittata di verdure o pasta, immancabile per il 7% degli intervistati, le polpette (7%), la parmigiana (6%).
Questi numeri, non fanno che sottolineare la svolta salutista a tavola degli italiani, che “resiste” anche in vacanza, dove, sottolinea la Coldiretti, la scelta degli alimenti è orientata dalla ricerca della forma fisica oltre che la praticità. Il cibo resta comunque un ingrediente importante della vacanza in Italia dove circa un terzo della spesa turistica, stima la Coldiretti, viene proprio destinata alla tavola per consumare pasti in ristoranti, pizzerie, trattorie o agriturismi, ma anche per cibo di strada o specialità enogastronomiche, per un importo complessivo stimato nel 2019 in oltre 27 miliardi di euro, il massimo storico di sempre. Non a caso il cibo rappresenta addirittura per quasi un italiano su cinque, circa il 19%, la principale motivazione di scelta del luogo di villeggiatura, mentre per un altro 53% costituisce uno dei criteri su cui basare la propria preferenza, e solo un 5% dichiara di non prenderlo per niente in esame.
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