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“Investire su strategie, incoming, export manager condivisi e distribuzione straniera per il made in Italy e per il vino, con un grande piano di promozione che lanceremo, nel 2015, con le Politiche Agricole”: così Carlo Calenda (Sviluppo Economico)

Lavorare su riconoscimento e promozione: è questo che si deve fare, per il made in Italy in generale, e per il vino in particolare, “che è un elemento portate dell’economia italiana” secondo il vice ministro allo Sviluppo Economico Carlo Calenda. “Il vino - ha detto - non ha un problema di visibilità all’estero, ma semmai di riconoscimento. Sul mio tavolo ho un dossier sul Prosecco in Australia, per esempio, dove sono riconosciute la Doc e la Docg, ma c’è anche il Prosecco generico australiano, per esempio. Stessa cosa, in parte, in Cina. Dobbiamo lavorare su questo, e anche sulla promozione. In Cina, per esempio, prendendo a modello i francesi, che hanno messo insieme i 15 brand più importanti, affidati alla distribuzione di un soggetto privato, ma con sostegno del pubblico, e oggi esportano 10 volte l’Italia. Io per queste iniziative ho raddoppiato i fondi, chiedendo alle associazioni di decidere cosa fare. Magari - ha detto nell’Assemblea Federvini - sconsigliando le fiere, che sono già molto finanziate, e concentrandoci sulla distribuzione. Distribuzione straniera a cui abbiamo chiesto indicazioni, per esempio, come in Usa. Da dove ci hanno dato due indicazioni, per esempio: fate venire più nostri buyer in Italia, e smettete di venire solo a New York, Los Angeles o Miami. Il Texas, per esempio, è uno dei mercati che cresce di più. In questo senso, di concerto con il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, stiamo per lanciare, dal 2015, il più grande piano di promozione del made in Italy mai visto, e il vino ci rientra appieno, investendo in eventi top e strumenti concreti. Per esempio, parlando di Vinitaly, che è fondamentale per il vino italiano, dobbiamo impegnarci per triplicare il numero di buyer esteri che arrivano, e fargli percorsi su misura. Altro punto focale, la distribuzione straniera, con cui dobbiamo dialogare: in Texas, per esempio, dopo un test su altro settore, abbiamo proposto questa iniziativa ad una catena: mettiamo delle risorse sul tuo tavolo, ma tu ti impegni a fare promozione dei prodotti made in Italy, a fare formazione, e a far entrare almeno il 50% di nuovi prodotti tra i tuoi scaffali. E, ancora, investiremo in formazione e condivisione di export manager, visto che sono poche le aziende del vino che possono permettersene uno, ma è una figura senza la quale l’internazionalizzazione si realizza male. E, più in generale, vogliamo dire basta ad iniziative più “ludiche” che incisive, come successo in passato. In questo senso, per esempio, c’è in vista la riorganizzazione dell’Ice, e un cambio di rotta sull’utilizzo dei soldi pubblici: si spendono in base a quello che le rappresentanze delle imprese ci dicono, perchè le esigenze di chi produce non si decidono nei Ministeri. A patto che ci si dia uno strumento per misurare le performance. Abbiamo, come politica, il dovere di farci perdonare tante cose dall’impresa”.

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