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ITALIA OGGI

Si punta sui nuovi mercati ... Export cruciale per compensare il calo dei consumi interni... Crescono a doppia cifra le vendite italiane all’estero. Il campione Mediobanca fa +8,5%. L’Istat calcola +11,7%... Entrare nell’olimpo dei primi tre produttori di vino che è saldamente nelle mani di Constellation Brand (Usa), Lvmh (Francia) e Foster’s Group (Australia) per i produttori made in Italy rimane un sogno perché anche sommando i fatturati dei primi dieci player italiani non si crea la massa critica per andare “sul podio” visto che la dimensione necessaria si aggira sugli 1,5 milioni di euro di fatturato. Ebbene, il fatturato del Giv, il Gruppo Italiano Vini presieduto da Corrado Casoli e controllato da Cantine Riunite & Civ di Reggio Emilia, sommato a quelli della romagnola Caviro e delle cantine Mezzacorona, tutte realtà di matrice cooperativa si avvicina a 850 milioni. Mentre gli altri grandi protagonisti di “cantina Italia” si posizionano intorno ai 100-150 milioni. Troppo poco. Certo, la quota di export che i principali produttori italiani stanno realizzando cresce molto (+59% in valore tra 2001 e 2010 e +21% in volume) ma anche questo dato positivo non basta a compensare il calo dei consumi sul mercato interno. “Lo scenario economico attuale e futuro evidenzia rilevanti segnali di stagnazione e, in prospettiva, riduzione strutturale dei consumi di vino nel mercato nazionale”, commenta Denis Pantini a capo dell’area Agricoltura e Industria Alimentare del centro di ricerche bolognese Nomisma, “e questa previsione deriva sostanzialmente da importanti cambiamenti socio-demografici (oggi circa un terzo dei consumi di vino in Italia fa capo agli ultra 64enni), e nelle abitudini di consumo. Gli stranieri in Italia oggi sono il 7,1%, della popolazione, ma nel 2050 diventeranno il 17,2%. Gran parte di essi provengono da paesi di religione islamica, dove le bevande alcoliche non vengono consumate”. Ovvio quindi che il futuro del settore sia nei mercati esteri. Ma dove esportare? Le indicazioni sono chiare: se gli Stati Uniti diventeranno entro il 2013 il primo mercato per consumi di vino al mondo, sono Cina e Russia i mercati in cui i consumi cresceranno in misura esponenziale (si veda intervista al presidente di Veronafiere Ettore Riello). Riuscirà il made in Italy a vincere la sfida? Secondo Nomisma: “La frammentazione produttiva e le ridotte dimensioni delle imprese vinicole rappresenta un rilevante ostacolo allo sviluppo delle vendite all’estero. Diventa quindi fondamentale sfruttare al meglio le opportunità di promozione sui mercati esteri evitando di disperdere tali risorse in mille rivoli”. Ma più che sulla promozione, i produttori che vogliono sfondare all’estero fanno affidamento sulla qualità. “Le produzioni di basso livello sono state in gran parte trasferite negli stessi Paesi emergenti. Andare su quei mercati con prodotti di qualità modesta non avrebbe senso”, sottolinea Gianiuca Bisol, direttore generale dell’omonima casa spumantistica di Valdobbiadene, che aggiunge: “Fino agli anni 80 il Prosecco era assente dalla lista dei vini dei ristoranti tre stelle Michelin” adesso è quasi un must. Anche analizzando l’evoluzione dei vigneti nei singoli Paesi, l’analisi Nomisma evidenzia che nel decennio in Nuova Zelanda la crescita è stata del 4.141%, del 166% in Australia e del 61% in Cile. L’italia invece va a passo di gambero con un -17% ma calano a doppia cifra anche spagnoli e francesi. Il rapporto di Mediobanca sul mondo del vino un allarme lo lancia fin dalle prime analisi: continua la riduzione della redditività rispetto al massimo del 2006, anche in rapporto al fatturato. I preconsuntivi per l’anno 2010 segnano un incremento del fatturato (+5%), soprattutto grazie alla componente export (+8,5%), con recupero più moderato sul mercato domestico (+2,1%). Secondo Mediobanca le esportazioni si collocano nel 2010 a un livello del 28% superiore a quello del 2004, superando del 4% il livello pre-crisi (2008). Tuttavia il fatturato sul mercato nazionale resterebbe su livelli ancora inferiori (circa il 2% sotto il 2008). E per il 2011? Il 53% del campione selezionato da Piazzetta Cuccia è ottimista, con crescite del fatturato superiori al 3%; il 41% esprime aspettative stabili (variazione delle vendite compresa tra zero e +3%), mentre solo il 6% formula previsioni leggermente ribassiste (variazione delle vendite compresa tra zero e -3%). Secondo un’ inchiesta Vinitaly-Winenews condotta tra le 50 aziende più rappresentative del made in Italy, in bottiglia il 75% delle aziende evidenzia un sentiment abbastanza positivo sull’anno appena cominciato, ulteriormente rinforzato da un 15% che lo prevede positivo, contro un 10% che, invece, è ancora negativo.

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