Il vino e il gioco del calcio sono due elementi della cultura italiana, due campi d’eccellenza e di grande passione per tutta la Penisola, che spesso fanno grande il bel Paese, ma che a volte vengono trascinati nel fango da pochi che vi si approcciano in maniera dannosa e distorta, in nome dell’eccesso. È possibile, allora, fare un parallelo tra la bottiglia e il pallone?
“L’unico vero contatto che c’è fra il calcio e il vino è Gianni Brera, il resto è molto gratuito”, risponde lapidario a WineNews Italo Cucci, firma storica del giornalismo sportivo italiano ed ex direttore di testate come il Guerin Sportivo, il Corriere dello Sport e il Quotidiano Nazionale (che raggruppa La Nazione, Il Giorno, Il Resto del Carlino).
Un tributo a Brera, quello di Cucci, perché il giornalista sportivo amico di Veronelli, è riuscito come pochi a parlare nello stesso modo di vino e di calcio, arrivando alla “pancia” della gente, ed esaltando gli aspetti virtuosi dell’uno e dell’altro mondo.
Fuori da questo, però, secondo Cucci, “entriamo in quel territorio pericoloso dove certi eccessi del bere finiscono per sposare certi eccessi comportamentali della gente del calcio. Non credo che a questo punto si possa stabilire una parentela tra calcio e vino. Quelli del calcio, noti per intemperanze e anche di peggio, sicuramente non sono dei buoni bevitori. Sono ingurgitatori di alcol che fanno il paio con quelli che ammazzano la gente per le strade per ubriachezza”.
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