Odiata, amata, temuta, osservata: la critica, tra esaltazioni e tentativi di emarginazione, continua ad essere focale nel settore dell’enogastronomia. Lo è per i cuochi, per le aziende, per la stampa che di questo mondo si alimenta e che questo mondo, contemporaneamente, nutre in un circolo virtuoso/vizioso che a tratti ha del patologico. Ma si può vivere senza critica? Se ne è parlato al talk organizzato nei giorni scorsi dall’Accademia Gualtiero Marchesi, a Milano, dal titolo “Critica e autocritica. Ruolo e ragione d’essere della critica oggi. Parallelismi tra il mondo enogastronomico e quello della moda” - nell’ambito del ciclo di incontri “I Martedì di Bonvesin de La riva” - che ha visto protagonisti Enzo Vizzari, per 25 anni direttore delle Guide de L’espresso, lo chef e conduttore tv Andrea Mainardi, Carlotta Marioni, caporedattore moda di Grazia, e lo studioso Aldo Colonetti, filosofo e membro del Comitato Scientifico Fondazione Marchesi. E il 3 dicembre il focus sarà la “Telecucina”, ovvero il ruolo del food in tv.
“E’ la critica a decretare il successo di un prodotto in qualsiasi campo”, ha affermato il filosofo e studioso Aldo Colonnetti. Un’affermazione che non dà scampo e che ben riassume quanto emerso durante l’incontro. Un concetto ripreso anche da Enzo Vizzari, per 25 anni direttore delle Guide de L’espresso, che, non senza ironia, ha sottolineato come l’eventuale problema non sta nella critica in sé (che se autorevole e giusta aiuta l’evoluzione di un comparto) ma nel chi la fa, nella sua preparazione e indipendenza (intellettuale ed economica). Insomma, trattasi di serietà e professionalità, come ha ribadito anche Carlotta Marioni, caporedattore moda di Grazia e anche lei nel panel dei relatori. “Anche la moda subisce il peso della critica, anche se magari in un modo meno evidente di quanto avviene nel food. Ma c’è, eccome.” Il successo di una collezione, dei mesi di lavoro che ci stanno dietro e delle centinaia di persone che ci lavorano dipendono anche dal giudizio di direttori e critici. Ora, però, è tutto più fluido, c’è l’enorme peso dei social in un mondo in cui, come avrebbe detto Andy Warhol, ognuno ha diritto a quindici minuti di celebrità.
E i cuochi come la vivono? Ci ha pensato con la sua ironia Andrea Mainardi a fornire la risposta: “la critica, i critici, sono una droga che da dipendenza - ha detto ridendo - chi lavora in questo settore ad alti livelli è impossibile che non ne subisca il fascino. Io stesso lo ricordo molto bene. Ma ho scelto un’altra strada in cui la cucina è centrale ma è fonte di piacere personale e non di ansia prestazionale”. Focali, comunque, due elementi: la cultura degli operatori e la professionalità. La prima serve per guidare la critica e non esserne vittime, la seconda per fare si che proprio la critica sia strumento di crescita e non di distorsione.
Il 3 dicembre si parlerà di “Telecucina”, ovvero il cibo in tv: al principio fu Wilma De Angelis, antesignana di tutta la cucina televisiva con la sua trasmissione Telemenu su Telemontecarlo. Da allora, parlare di cibo nel tubo catodico è diventato sempre più una costante, sino al grande spartiacque che è stato Masterchef (quest’anno giunto alla edizione n. 14). Ma cosa è cambiato in questi anni e soprattutto che ruolo e che riflessi ha avuto questa sovrapposizione mediatica sul settore? E in futuro cambierà qualcosa? Tra i relatori ci saranno Riccardo Monco, executive chef di Enoteca Pinchiorri e volto di Celebrity Chef, Salvatore De Riso, maestro pasticcere e presenza fissa nel mezzogiorno di Antonella Clerici, Davide D’Addato, autore televisivo e conduttore radiofonico, e la professoressa Anna Sfardini, direttore del Master “Fare tv” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
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