Quando si pensa alla foresta non è solo qualcosa da ricollegare alla natura e all’ambiente, ma anche al cibo. Non a caso la Giornata Internazionale delle Foreste, proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (Onu) nel 2012 e celebrata, oggi, 21 marzo, è dedicata, nel 2025, proprio a “cibo e foreste”. Un ruolo cruciale, quello delle foreste, riconosciuto anche nella “nella sicurezza alimentare, nella nutrizione e nei mezzi di sussistenza”, ha ricordato la Fao, nel sottolineare che “le foreste supportano la fertilità del suolo, proteggono le risorse idriche e offrono habitat per la biodiversità, compresi impollinatori vitali. Sono essenziali per la sopravvivenza delle comunità che dipendono dalle foreste, in particolare le popolazioni indigene, e contribuiscono alla mitigazione del cambiamento climatico”.
Ma come stanno le foreste italiane? I dati comunicati da Ispra (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), “mostrano segnali preoccupanti sulla crescente vulnerabilità delle nostre foreste. Tra il 1997 e il 2020 nelle aree permanenti di monitoraggio distribuite nelle foreste italiane è stato registrato un andamento altalenante del fenomeno di defogliazione, con una maggiore sensibilità delle latifoglie, nell’ultimo triennio si registra un peggioramento, con valori di defogliazione che raggiungono nel 2023 il 45%, sia nelle latifoglie sia nelle aghifoglie. Nella valutazione di tali risultati bisogna considerare che, oltre all’impatto delle deposizioni atmosferiche e degli inquinanti gassosi, sono molteplici i fattori di stress che possono influenzare le condizioni vegetative delle specie, tra questi basti pensare all’influenza dell’andamento climatico, ma anche degli attacchi parassitari o degli incendi”.
In ogni Giornata Internazionale delle Foreste non mancano le iniziative ad hoc, come le campagne che interessano la piantagione di alberi. “Piantare 20 milioni di nuovi alberi per rigenerare il patrimonio boschivo, contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici e offrire nuove opportunità occupazionali nelle aree del Paese”, è, infatti, l’obiettivo di Coldiretti, dichiarato proprio in occasione dell’evento festeggiato con una cerimonia inaugurale al Fao Park di Roma che fa da apertura ad appuntamenti in tutto il mondo. Villa Doria Pamphilj ospita una vera e propria biblioteca vivente realizzata grazie al contributo dei vivaisti Coldiretti che hanno donato 180 alberi provenienti da tutto il mondo. L’associazione degli agricoltori ha ricordato l’importanza delle foreste che “sostengono l’agricoltura fornendo case agli impollinatori, contribuendo a mantenere il suolo sano, trattenendo l’acqua, offrendo cibo e ombra per il bestiame, regolando le temperature e agendo come barriere naturali contro il vento per le colture, oltre a migliorare le precipitazioni per le esigenze agricole”. Una risorsa fondamentale, tanto che Coldiretti ha rimarcato “l’importanza di avviare una grande attività di forestazione diffusa sul territorio nazionale, che coinvolga le aziende agricole e rilanci la produzione vivaistica, rinnovando un patrimonio boschivo che nel nostro Paese ha raggiunto il valore record di quasi 120.000 kmq, arrivando ad occupare il 40% dell’Italia. Le regioni con la più alta percentuale di boschi rispetto alla superficie complessiva sono la Liguria (81% del territorio occupato da foreste), il Trentino Alto Adige (62%) e la Sardegna (56%), la quale vanta, però, il più esteso territorio boscato in termini assoluti con 1,3 milioni di ettari davanti a Toscana (1,2) e Piemonte (1)”. Il problema, piuttosto, è che “circa un terzo dei boschi italiani non è gestito, aumentando così il rischio di incendi, che ogni anno devastano centinaia di ettari con conseguenze ambientali ed economiche incalcolabili”, senza dimenticare gli effetti dei cambiamenti climatici. Secondo Coldiretti “per salvaguardare il Bosco Italia, è fondamentale avviare progetti di gestione responsabile del territorio montano e delle risorse forestali, migliorare i servizi ecosistemici offerti e promuovere le filiere foresta-legno e foresta-energia, sostenendo il lavoro dei più di diecimila operatori, tra boscaioli e aziende agricole forestali, che si occupano della gestione sostenibile degli alberi e della prima lavorazione del legname”.
Focus - Nasce la Rete Nazionale dei Boschi Vetusti
In occasione della Giornata internazionale delle foreste, la Direzione generale dell’economia montana e delle foreste del Ministero dell’Agricoltura, con la collaborazione dei Corpi ed i Servizi forestali regionali, dà ufficialmente avvio alla Rete Nazionale dei Boschi Vetusti, istituita con decreto Masaf del 5 aprile 2023 per tutelare gli scrigni di naturalità più belli e più preziosi del patrimonio forestale italiano e per conservarli intatti per i cittadini del futuro.
Per boschi vetusti si intendono quelle aree forestali estese almeno 10 ettari in cui, grazie all’assenza di disturbo antropico persistente da oltre 60 anni, sono presenti tutti gli stadi evolutivi del bosco, ossia dalla fase di rinnovazione (e quindi presenza di piantine forestali e alberi giovani) alla senescenza (e quindi presenza di alberi maturi, alberi morti in piedi e alberi caduti a terra), con esemplari di notevoli dimensioni ed età, appartenenti a più specie arbore e arbustive autoctone e con un suolo (lettiera) ricco di sostanze organiche.
L’Italia è la prima nazione in Europa a creare una Rete Nazionale dei Boschi Vetusti, individuando ad oggi circa 60 boschi pronti per essere iscritti nella Rete Nazionale, con un potenziale di oltre 100 boschi vetusti iscritti entro un anno. Inoltre in una Sezione a parte della Rete Nazionale sono inserite anche le 13 Faggete Vetuste riconosciute dall’Unesco patrimonio mondiale dell’umanità. In particolare il Bosco Vetusto d’Italia n.1 è l’abetina di Rosello, estesa per 211 ettari nella Val di Sangro, in provincia di Chieti: si tratta di un bellissimo e incantevole bosco misto con prevalenza di abete bianco associato al tasso, con presenza di maestosi faggi, cerri, aceri, frassini, tigli, carpini, agrifogli, sorbi e noccioli. Al suo interno si registra il secondo abete bianco più alto d’Italia (59 metri di altezza) e decine di esemplari appartenenti a specie arboree diverse aventi i requisiti naturalistici per il riconoscimento di alberi monumentali d’Italia.
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