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VINO E DENOMINAZIONI

La partita su “Montepulciano” si gioca tra Abruzzo, Marche, Toscana e Ministero dell’Agricoltura

L’Abruzzo vuole che gli altri usino il sinonimo “Cordisco”. Che non piace ai produttori marchigiani, e fa alzare l’allerta a quelli toscani
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Montepulciano, vitigno principe del vino d’Abruzzo, e città del Vino Nobile, in Toscana

Si continua a discutere su “Montepulciano”, termine che, da un lato, indica uno dei vitigni italiani più celebri e pilastro del vino d’Abruzzo, ma anche del territorio del Rosso Piceno, nelle Marche, dall’altro il nome di Montepulciano, perla del Rinascimento di Toscana e terra del celebre Vino Nobile (a base di Sangiovese, che da quelle parti si chiama anche Pugnitello Gentile). Mentre il Governo continua a cercare la quadra sul nuovo decreto etichettatura, uno dei grandi temi di discussione è proprio sul termine Montepulciano. Qualche settimana fa, a gioire era il Consorzio dei Vini d’Abruzzo guidato da Alessandro Nicodemi, che aveva ottenuto dal Ministero dell’Agricoltura la reintroduzione, nel Registro delle varietà di vite italiano, del sinonimo Cordisco, auspicando così di ottenere l’uso esclusivo, in etichetta, del vitigno Montepulciano, per i vini abruzzesi, lasciando il sinonimo per le altre Regioni (come succede, a rovescio, con la varietà Calabrese, che in Sicilia, viene chiamata Nero d’Avola per i vini Dop e Igp provenienti da uve raccolte nella Regione Sicilia). Un’ipotesi che, ovviamente, non è gradita ai produttori delle Marche, tanto che subito dopo la pubblicazione del decreto ministeriale che, tra le altre cose,, ha reintrodotto il termine Cordisco come sinonimo di Montepulciano, Andrea Maria Antonini, Assessore all’Agricoltura della Regione Marche, era subito intervenuto chiedendo un confronto a tre, tra Marche, Abruzzo e Ministero, proprio “sulla questione della denominazione “Montepulciano” che faccia sintesi anche sul percorso che porti, in tempi rapidi, all’adozione del decreto etichettatura dei vini, in modo condiviso e per la tutela di tutti i produttori vitivinicoli italiani. L’obiettivo è fare sistema, non disperdere energie in lotte di vicinato. Alla luce della revisione delle regole sull’etichettatura, l’utilizzo del sinonimo Cordisco, peraltro introdotto senza alcun preliminare confronto con le Regioni, rischia di legittimare una Regione a impedire ad altre l’uso del nome di un vitigno che, invece, è regolarmente e storicamente coltivato e conosciuto”.
“Le denominazioni Rosso Piceno e Montepulciano d’Abruzzo sono emblematiche di questo processo virtuoso - aveva detto l’assessore - ed è chiaro che nella denominazione Rosso Piceno l’oggetto della tutela è il territorio “Piceno”, mentre nel caso di Montepulciano d’Abruzzo, l’oggetto della protezione è l’area regionale “Abruzzo” e non certamente “Montepulciano” che è anche il nome di un borgo che è iconico per la Toscana. Inoltre, spiegare un vino attraverso l’uso di un sinonimo desueto, al punto da essere sconosciuto come Cordisco, rischia di confliggere anche con il principio di trasparenza e corretta informazione che la nuova etichettatura persegue con l’inserimento anche di QR code per agevolare la tracciabilità. L’ informazione del consumatore dovrebbe essere fatta usando i termini conosciuti che consentano l’immediata associazione tra il nome e l’oggetto che quel nome vuole indicare. Se un vitigno è comunemente e tradizionalmente conosciuto come Montepulciano e così lo classificano i numerosi disciplinari vigenti, è quello il nome che lo rende riconoscibile. Difficile riconoscere ugual ruolo ed efficacia a un nome scomparso, nella trascrizione, dal registro cartaceo a quello informatizzato alla fine degli anni ’80 e reintrodotto a puro scopo strumentale. Ho chiesto un incontro a livello nazionale finalizzato ad affrontare specificamente la questione - conclude l’assessore delle Marche - confido nella volontà di tutti che il decreto del Ministero non ne pregiudichi il percorso ancor di più, perché è assodato che l’etichettatura dei vini è funzionale alla promozione dei territori e delle loro eccellenze, come evidenzia il principio su cui è basato il sistema delle denominazioni che tutela i nomi dei luoghi e non dei vitigni”.
Ma, intanto, in queste ore, si è inserito nel dibattito anche il Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, secondo cui, si rischia di tornare a fare confusione (anche per evitare la quale, lo stesso consorzio toscano, ha deciso di aggiungere, nel 2021, l’indicazione “Toscana” in etichetta per distinguersi in maniera netta dal vino abruzzese), ricordando che la “Denominazione di origine protetta” fa chiaramente riferimento alla zona di produzione, e non al vitigno. “Alla luce di questo più che un sinonimo la strada più legittima potrebbe essere una denominazione che, come avviene per la quasi totalità delle denominazioni italiane e non solo, leghi i vini a base di uve Montepulciano al territorio di produzione e non al vitigno. Ancora una volta si rischia di creare confusione nel consumatore, soprattutto nei mercati esteri, dove già è complicato indicare la provenienza delle tante denominazioni italiani e internazionali, l’omonimia del termine è sicuramente un elemento che non può essere non considerato dagli uffici di competenza del Ministero dell’Agricoltura”, chiarisce il Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, guidato da Andrea Rossi.
“In sede europea già a fine Anni Novanta del Novecento il Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano - spiega una nota - era intervenuto contro la possibilità di indicare il vitigno in etichetta con un ricorso che fu poi ritirato dallo stesso consorzio toscano a fronte dell’apertura di un dialogo confluito nel 2012 in un accordo sottoscritto dal Ministero delle Politiche Agricole allora guidato dal Ministro Mario Catania, e le Regioni di riferimento. Documento di “collaborazione” che, purtroppo, soprattutto sul fronte abruzzese, non trovò molta responsività nella pratica dei fatti. Il Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano anche per questo, oltre che per la pluricentenaria storia che lega il vino toscano alla sua città, Montepulciano, ha portato avanti un percorso con la Regione Toscana fino alla modifica del Disciplinare di produzione nel 2021 con l’obbligatorietà di inserire in etichetta “Toscana”, proprio per venire meno alla confusione di mercato che si crea tra le nomenclature.
Come detto, a Montepulciano - continua il Consorzio senese - rappresenta una condizione storica quella della tutela della produzione vinicola che già è scritta e ben evidenziata nelle norme sancite da uno Statuto Comunale del 1337 (ancora oggi disponibile alla consultazione nella Biblioteca Comunale di Montepulciano) che regolavano la produzione e tutelavano i produttori di Montepulciano con appropriate discipline sulla fase commerciale, oltre che per i prodotti di concorrenza che entravano nel territorio già a quell’epoca, e del vino commercializzato oltre i confini territoriali, che doveva risponder a precise norme produttive e di qualità. Una storia produttiva quindi che ha già, da quasi 700 anni, la volontà di tutelare questo prodotto sia alla produzione che nella sua fase commerciale, elemento oggi più che mai fondamentale per la denominazione del vino prodotto in Toscana. Non è un caso che una delle campagne di promozione del Vino Nobile di Montepulciano abbia come slogan “È la storia che fa la differenza””.
Novità, comunque, sono attese nelle prossime settimane, in attesa che si trovi il modo di sciogliere il nodo “Montepulciano” che, di fatto, tiene bloccato il decreto etichettatura, che interessa tutti i produttori di tutti i territori e denominazioni del vino italiano.

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