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LA SFIDA DEMOCRATICA DELL’EDUCAZIONE AL GUSTO, POTERE DI SCEGLIERE IL NOSTRO CIBO. A WINENEWS, LE PAROLE DI MASSIMO MONTANARI, UNO DEI MAGGIORI ESPERTI DI STORIA DELL’ALIMENTAZIONE

Italia
Massimo Montanari

Educazione alimentare: nelle scuole italiane ancora è vista come qualcosa di accessorio. Non potrebbe avere la dignità di materie come l’Italiano o la Storia? “Senz’altro - risponde il professor Massimo Montanari, uno dei più grandi esperti di storia dell’alimentazione - e per la verità c’è stata un’evoluzione. Venti anni fa si intendeva come educazione nutrizionale (calorie, zuccheri ecc), un discorso freddo. Poi si è cominciato a includere la prospettiva culturale del cibo, cioè i valori storici, sociali, conviviali, fondamentali per un approccio consapevole. Manca il passaggio all’educazione del gusto. Siamo stati abituati a demandare il tema del gusto ad altri (al dietologo, allo storico). In epoca medioevale il gusto era strumento di conoscenza, serviva a scegliere i cibi adatti a te. Oggi viene influenzato da troppi fattori esterni. Bisogna recuperare la dimensione interna, un rapporto diretto col cibo. È una sfida di grande democrazia, perché può restituire ai consumatori il potere di decidere cosa mangiare”.

Educare però non è una cosa che si può improvvisare, è una professione e delle più delicate. A chi affidare il compito di educare i piccoli, ma anche gli adulti, al gusto?

“Non so se ci sia una figura “sacerdotale” adatta a contenere tutte le prerogative che servono per insegnare il gusto. Forse ci vorrebbe un’equipe in cui l’esperto di merceologia conosce i prodotti per come sono fatti, ma c’è anche un gastronomo che ti illustra le qualità sensoriali del cibo, c’è anche uno storico che ne racconta la storia, eccetera. Io eviterei, nei limiti del possibili, di individuare uno che sa tutto, come accadeva nei tempi in cui educazione alimentare era “dietetica” e il medico ti diceva cosa mangiare. Non vogliamo sostituire al medico il guru della gastronomia, ma dare l’idea che il cibo è uno strumento complesso, e come tale va affrontato, ma che in questa complessità ci deve essere anche la tua sensazione, le emozioni che provi quando mangi qualcosa, che poi sono quelle che ti fanno conoscere il cibo. Cioè, mangiare è l’unico modo per conoscere le cose, va fatto in maniera intelligente, facendosi aiutare da qualcuno ma senza metterlo su un piedistallo. È un lavoro molto difficile, un paradosso in qualche modo, perché devi educare qualcuno a non avere bisogno di te, che poi è il grande segreto dei padri con i figli. È difficile, però proviamoci”.

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