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LA LOTTA PER LA LEGALITÀ

L’agricoltura onora le vittime di mafia riappropriandosi e facendo rinascere i terreni confiscati

Le parole di Don Ciotti, fondatore di Libera, nell’anniversario della strage di Via d’Amelio, in cui persero la vita Paolo Borsellino e la sua scorta

Dall’agricoltura arriva il riscatto di una società che, riappropriandosi delle proprie terre, onora chi ha speso la vita per combattere la mafia. Un’Italia che si ribella, che dice no ogni giorno alla corruzione, ai ricatti della criminalità organizzata che inquina la società civile e paralizza l’economia del Paese, da Nord a Sud, grazie ai piccoli e grandi successi ottenuti da Libera, l’associazione che, dal 1995, ha dato nuova vita a migliaia di ettari di terreni confiscati alle mafie, dal 2001 con il progetto Libera Terra, che oggi riunisce nove cooperative sociali - Le Terre di Don Peppe Diana in Campania, Terre di Puglia in Puglia, Terre Joniche e Valle del Marro in Calabria, Beppe Montana, Pio La Torre, Placido Rizzotto, Rita Atria e Rosario Livatino in Sicilia - in cui nascono prodotti che hanno il sapore della legalità, dal vino all’olio, dalla frutta alla verdura, dalla pasta alle farine, dai legumi ai cereali, dai dolci al miele.
Ma c’è ancora molto da fare, perché le ferite aperte dalla violenza delle mafie sono ancora fresche, e il ricordo della strage mafiosa di Via D’Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta, il 19 luglio 1992, a meno di due mesi di distanza dall’attentato di Capaci che, il 23 maggio, uccise il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta, nell’anniversario n. 31 che si celebra oggi, è ancora vivo. Eppure, Libera è un punto di riferimento, una luce che indica una strada, certamente non l’unica, ma una delle più “tangibili”, perché tornare a sentire “nostre” le zolle di terra che una volta erano “loro”, è il segno evidente di quanto l’usurpazione sia fisica e materiale oltre che morale ed ideale.
“La prima e più preziosa eredità che ci ha lasciato Paolo Borsellino è il coraggio e il dovere della verità - ha detto oggi il fondatore di Libera Don Luigi Ciotti, più volte intervistato da WineNews e con il quale, nei mesi scorsi, abbiamo parlato di cibo, agricoltura e diritti - coraggio di guardare le cose in faccia, di seguire la voce scomoda della coscienza, di non cadere nelle “perniciose illusioni” di cui parlò all’epoca del Maxiprocesso a Cosa Nostra, facendo presente quanta strada ci fosse ancora da fare. Paolo è stato un apostolo della ricerca della verità, un credente e un lottatore per la giustizia. Dalla sua fede abbiamo da imparare tutti, anche noi sacerdoti nel caso sia troppo debole il nostro impegno nel saldare Cielo e Terra, Vangelo e giustizia sociale. La mafia è violenza che nasce dall’ingiustizia e nell’ingiustizia prospera. Là dove i cittadini non sono eguali nei diritti e nei doveri, dove le opportunità divergono in modo inaccettabile, dove la scuola e il lavoro non sono garantiti, le mafie hanno gioco facile nell’imporre il loro potere, nel colmare i vuoti dello Stato e della politica, a maggior ragione se è una politica “smemorata” o revisionista, che vorrebbe rivedere e neutralizzare il “concorso esterno”, strumento decisivo per combattere le mafie che hanno ucciso Paolo. Le mafie sono forti dove l’interesse privato diventa ingiusto o addirittura criminale - ha aggiunto - Paolo Borsellino ci ha insegnato con la sua vita che il bene personale è conseguenza del bene comune. Che non si può essere cittadini a intermittenza o a compartimenti stagni. Che la prima mafia si annida nell’indifferenza, nella disinformazione, nella superficialità, nel quieto vivere, nel puntare il dito senza fare nulla, nel vedere il male e girarsi dall’altra parte”. L’eredità che ci ha lasciato, ha concluso don Ciotti, si “chiama impegno e responsabilità”.

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