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QUERELLE

Le chiacchiere di Carnevale by Iginio Massari a 100 euro al kg sono la polemica (inutile) del giorno

Il Maestro risponde spiegando che i metodi per produrle sono costosi. Ma perchè lo stesso ragionamento non si applica ad altri beni? 
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Massari risponde alle polemiche sul costo dei suoi dolci (ph: Facebook/Iginio Massari)

Tutte le chiacchiere di Carnevale si assomigliano, ma ognuna è costosa a modo suo. Per esempio, quelle firmate da Iginio Massari, indiscusso Maestro dei pasticceri italiani, costano 100 euro al kg. Un prezzo che, negli ultimi giorni, ha provocato sdegno sul web, tanto che Massari ha voluto in qualche modo giustificarsi, dicendo che i metodi per produrle sono costosi (a partire dall’olio in cui vengono fritte, 100 litri ogni due ore, per garantire la massima qualità). 
Ma la vera domanda è: perchè la stessa polemica non viene sollevata per altri beni altrettanto costosi, come abiti e borse griffate, macchine di lusso o bottiglie prestigiose ? Se Iginio Massari è la Lamborghini della pasticceria, perchè non può vendere i suoi prodotti al prezzo che vuole? Il mercato è libero e ognuno, per fortuna, può scegliere di comprare un bene o un servizio al prezzo che ritiene più congruo e soprattutto compatibile con la propria capacità di spesa. Altrimenti, per coerenza, da domani dovremmo lamentarci anche del prezzo esorbitante della Birkin di Hermes.
Il Maestro Massari, per rispondere alle polemiche sollevate dal prezzo dei suoi dolci di Carnevale (peraltro diffuso in maniera fuorviante, visto che una porzione media costa da 4 a 6 euro) ha spiegato che per produrli vengono impiegate non solo materie prime di grande qualità, ma anche un grande numero di persone: addirittura sei, una che prepara la pasta, tre che la modellano e due che cuociono le chiacchiere, che, una volta fritte, vengono messe in verticale per eliminare l’eccesso di olio. Quest’ultimo viene cambiato nella misura di 100 litri ogni due ore, per evitare che si formino sostanze dannose per il nostro organismo. Un processo artigianale di altissimo livello, effettuato da pasticceri che vantano una grande esperienza, che può essere paragonato al lavoro delle sartorie di haute couture, dove lavorano maestranze selezionatissime che impiegano giorni e giorni per cucire e ricamare un singolo abito. Che ovviamente non è alla portata di tutti, come i dolci di Iginio Massari. Su questo argomento si esprime anche lo chef e docente Guido Mori, che intervistato su “La Repubblica” afferma: “le chiacchiere non sono il tartufo, e quando il prezzo si discosta troppo dal costo delle materie prime, si esce dal concetto di alimento”. Secondo lo chef-docente, il costo di queste chiacchiere non è tanto il risultato di una lavorazione straordinaria o di materie prime introvabili, quanto di una precisa operazione di posizionamento di mercato: “perché si calcola il food cost? Per capire quanto ci costa produrre qualcosa e quanto vogliamo guadagnarci. Qui non stiamo più parlando di cibo, ma di cinture di Gucci”. Mori spiega che il vero valore di un prodotto gastronomico dovrebbe risiedere nella sua qualità e nella mano di chi lo realizza, non nel potere evocativo di un marchio. “Ogni alimento è una narrazione. Ma se proiettiamo il nostro desiderio di scalata sociale su un brand finiamo per diventare tutti uguali”.
Ma per fortuna le chiacchiere di Carnevale si trovano anche dal fornaio sotto casa o al supermercato. E di solito sono buonissime.

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